“Siate una famiglia”

Maria Voce è la presidente del Movimento dei Focolari. Dopo un primo mandato affiancata dal co-presidente Giancarlo Faletti, ora guida la realtà fondata dalla mistica trentina Chiara Lubich insieme al co-presidente Jesus Moran.

In quest’intervista a tutto campo realizzata nel 2013 e pubblicata su Insieme racconta la sua esperienza, il rapporto con Chiara, parla dell’impegno dei focolarini nella Chiesa e del ruolo della preghiera. Racconta di papa Francesco e invita tutti a non scoraggiarsi in questo tempo di crisi perché «siamo al seguito di uno che ha detto io ho vinto il mondo».

di Salvatore D’Angelo

Incontra per la prima volta il Movimento dei Focolari quando era studentessa universitaria, all’ultimo anno di Giurisprudenza. Sono passati più di cinquant’anni e le loro strade non si sono più separate. Maria Voce è l’attuale presidente del movimento fondato da Chiara Lubich il 7 dicembre 1943. Un’opera che ha per carisma l’unità. I focolarini lo chiamerebbero “l’Ideale”. Maria Voce è la prima presidente dopo la morte della fondatrice (era il 14 marzo del 2008), un compito importante e a tratti difficile. Ma la tenacia, la forza, l’amore che contraddistinguono questa donna ne fanno un esempio unico. Racconta così questo momento particolare: «Guidare il Movimento subito dopo la partenza della Fondatrice è una responsabilità molto grande, però condivisa e partecipata insieme a tutti gli altri. Dal primo momento ho sentito che era una cosa che Dio mi chiedeva, io gli dicevo di sì come gli avevo detto sì quando mi aveva chiamata ad entrare nel Focolare. Questa volta, però, il sì lo dicevo anche a nome del Movimento: insieme decidevamo di raccogliere l’eredità di Chiara e di portarla avanti».

È la comunione, dunque, che caratterizza oggi il Movimento e che era ben visibile già quando Maria Voce incrociò le prime focolarine: «Ricordo la grande sorpresa che ho avuto al primo incontro con alcune di loro e chiesi se dovevo iscrivermi per far parte del movimento. Esse mi hanno risposto: “No, perché la nostra è una vita. Quindi, se non la vivi, anche se ti iscrivi non fai parte di noi”. Questo mi ha dato un grande senso di libertà e anche di responsabilità perché ho detto: “sono io che scelgo di vivere così”. Questo non ha significato entrare subito a far parte del Movimento come focolarina, ha comportato però trasformare la mia vita, cominciare a vedere gli altri come fratelli, cominciare ad unificare il momento della preghiera con il momento del lavoro e dello studio».

Com’era il rapporto con Chiara?

«È sempre stato molto semplice, molto più di quanto si possa immaginare. Ho lavorato con lei alla revisione degli statuti del Movimento, andavo in Svizzera quando in estate si trasferiva lì. La cosa più bella era vederla nel suo essere semplice».

La calabrese che succede alla trentina. L’eterna contrapposizione nord/sud non volgerebbe a vostro favore?

«Questa volta sì. Credo però che non sia importante. Trentini o calabresi non significa nulla, siamo figli di Dio prima di tutto».

Uno scritto, un’esortazione che è rimasta impressa nella sua mente, a cui fa riferimento nei momenti meno felici?

«Quella che corrisponde al nome che mi è stato dato da Chiara e col quale tutti mi conoscono nel Movimento: Emmaus. È una frase del Vangelo che per Chiara ha significato la possibilità di riportare Dio tra gli uomini attraverso l’amore scambievole, attraverso questo rapporto di carità reciproca che permette a Dio di vivere ancora oggi non soltanto nell’eucaristia, nella Chiesa, nel ministero dei sacerdoti, ma anche tra gli uomini. Questa è la cosa che mi anima e mi spinge ad andare avanti sempre».

La preghiera è essenziale per un cristiano. Come viverla?

«Chiara una volta ci ha detto che nel Vangelo c’è scritto che occorre pregare sempre. Ma con il ritmo della vita di oggi come si fa? Allora lei l’ha tradotto così: che cos’è la preghiera? Il rapporto d’amore con Dio. Quindi, per pregare sempre bisogna amare sempre. E se si è nell’amore, si è nella preghiera».

Qualcuno ha detto che l’Ideale dell’unità può essere lievito nelle comunità. Come caratterizzare, quindi, i rapporti nelle diocesi con i vescovi, i sacerdoti, gli altri movimenti?

«Io penso che il Movimento deve essere se stesso, cioè deve portare la sua specificità: testimoniare l’amore reciproco. Innanzitutto tra i membri del Movimento stesso, poi deve essere capace di costruire ponti e relazioni con gli altri attraverso la testimonianza, la parola, ma anche il sostegno alle cose buone che ci sono nel mondo, lodando le cose belle, il bene e i progressi delle altre associazioni».

Anche nel silenzio?

«Sì. Il più delle volte la nostra è una testimonianza silenziosa, ma allo stesso tempo eloquente perché è una testimonianza d’amore».

In un’intervista pubblicata su Città Nuova parla del ruolo della donna nella Chiesa. Mette in guardia da un’emancipazione forzata e dai luoghi comuni. Probabilmente sarebbe auspicabile che questa presa di coscienza sull’impegno femminile parta dal basso?

«Penso di sì. Penso che la prima parte dobbiamo farla noi nel vissuto quotidiano. Noi donne che abbiamo un impegno nella Chiesa, nella politica, nella famiglia, nelle associazioni. Dobbiamo testimoniare qui il nostro essere donne, il nostro genio femminile come ha detto Giovanni Paolo II».

Lei è una donna del meridione che ce l’ha fatta. Cosa dice alle donne, ai giovani di questa terra?

«Penso che non c’è motivo di essere disperati perché sappiamo che siamo insieme e abbiamo una forza che viene dall’unità. E non c’è motivo di essere scoraggiati perché siamo al seguito di uno che ha detto: “Io ho vinto il mondo”. Quindi, se ci mettiamo nella sua scia, lo vinciamo con lui».

La Campania è una terra martoriata, ma al tempo stesso ricca di speranza. Eppure sembra emergere sempre altro. C’è forse carenza di testimoni?

«Io credo che ci sono i testimoni. In Campania si vede tanta buona volontà e tanti esempi di bene. Forse occorre metterli in rilievo. Forse i media hanno una responsabilità in questo senso».

Come la Chiesa potrebbe concretamente operare in queste periferie del mondo?

«Credo che ci voglia un’illuminazione particolare dello Spirito Santo. Lui agisce quando davvero siamo uniti nell’amore reciproco. Di fronte ad ogni problema bisogna avere il coraggio di mettersi insieme, guardare il problema, non chiudere gli occhi, e cercare insieme le risposte. Nell’incontro che ho avuto insieme al co-presidente Giancarlo Faletti con il Papa, lui ci ha detto “ho capito che Dio parla quando siamo insieme, non parla all’uomo da solo”. Mi è sembrata la conferma di quello che noi viviamo. Veramente sentiamo che le soluzioni a qualsiasi sfida le troviamo se siamo uniti dall’amore reciproco».

Crisi politica, crisi economica, come vedere in questo Gesù abbandonato?

«La crisi è Gesù abbandonato. Però la crisi è un’opportunità di crescita. Occorre sfruttare questi momenti difficili per riconoscere l’amore di Dio e farne occasione per nuove costruzioni».

Il Movimento propone iniziative come l’Economia di comunione, il Movimento Politico per l’Unità.

«Sono iniziative che hanno alla base la parola comunione. È la comunione che incide nella politica, la comunione che incide nell’economia. Si parte dalla comunione e dopo vengono le aziende, la teoria economica. Così nella politica, dove c’è un movimento che mette insieme persone appartenenti a partiti differenti che però vogliono il bene dell’uomo».

Che cosa resta dell’Anno della fede?

«Resta il desiderio rinnovato di annunciare la verità fondamentale che Dio ama gli uomini. Anche quando il Papa ha parlato della nuova evangelizzazione ha detto che il primo annuncio da dare è che Dio è amore, che Dio ci ama. Se ci crediamo è un qualcosa di straordinario, capace di rivoluzionare la nostra vita».

Papa Francesco è stato anche definito un segno di quest’Anno. Cosa deve aspettarsi la Chiesa, anche nel dialogo con i non credenti e con le altre religioni?

«Che cosa può cambiare lo vediamo già, perché sta cambiando tanto. Una persona mi ha detto “io ascolto papa Francesco e mi convince di chiedere perdono a Dio, cosa che nessuno era finora riuscito a fare”. Qualcuno ha ringraziato il Papa perché fa cambiare tante persone, io dico ringraziamo Dio che ci parla attraverso papa Francesco».

L’intervista si chiude con il testamento spirituale di Chiara Lubich che ha chiesto al Movimento di “essere una famiglia”. Una volontà che per Maria Voce e i focolarini diventa stile di vita: «Non può essere diversamente. È il desiderio di Gesù: “Che tutti siano uno” e che Chiara ha tradotto in “siate una famiglia”. Il modello principale della famiglia è la Trinità, la famiglia di Dio. Se noi dobbiamo rispecchiare questo modello trinitario non possiamo che essere famiglia ed avere quei rapporti che la caratterizzano: essere fratelli».

Insieme, marzo 2014

Foto di Salvatore Alfano

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