Giornata degli Infermieri: il nostro protagonista. Classe 1972, Aniello Lettieri è il referente di Insieme più fantasioso e appassionato. Alle spalle, una vita trapuntata di altruismo e attenzione per il prossimo. Il suo lavoro lo ha sempre portato a spendersi in prima linea. Oggi è in servizio alla Tin dell’ospedale “Umberto I” di Nocera Inferiore. Nella rivista diocesana, nelle pagine di Avvenire, nei social egli scorge strumenti preziosi per veicolare la bellezza della fede e catapultare la sua amata Poggiomarino nel cuore della Chiesa
In poco più di 2 anni, ha portato gli abbonamenti della parrocchia a 150. Lo scorso settembre, con l’iniziativa “Insieme anche al bar” è riuscito a diffondere 700 copie della rivista. Ad affascinarlo è la testata: «quel nome, Insieme. Forse, se si fosse chiamata in un altro modo, non mi sarei appassionato tanto», racconta.
Classe 1972, Aniello Lettieri scorge nella rivista lo strumento pastorale che permette alla sua amata Poggiomarino di vivere in comunione con tutta la Diocesi di Nocera – Sarno. Le pagine sono come una zattera che traghetta le vicende del suo paese natio da una periferia geografica nel cuore della chiesa locale.
Seduti al secondo banco della parrocchia Sant’Antonio da Padova a Poggiomarino – è la condizione posta per questa chiacchierata – riannodiamo i fili di un’esistenza trapuntata di disponibilità e altruismo. È il primo di quattro figli, amato e coccolato da tutti. Aveva una paghetta settimanale di 1000 lire. Ma quando la famiglia si allarga con l’arrivo di due gemellini, il piccolo Aniello fissa serio la mamma e le dice: «Da oggi me ne bastano 700».
«A volte dovrei parlare di meno e ascoltare di più – dice serio –. Abbiamo sempre la tentazione di riempire i silenzi di parole. Dio mi parla nei momenti più strani: mentre guido, prima di riposare dopo una notte passata in ospedale». Aniello lavora nel reparto di Terapia Intensiva Neonatale dell’ospedale Umberto I di Nocera Inferiore. Sostiene che questa professione lo ha “salvato”, facendogli ritrovare la pace: «Ho una maturità tecnica. È stato un periodo difficile, io e i numeri non andiamo per nulla d’accordo!».
Una figura emblematica, quella di Nello, perfetta per la Giornata dell’Infermiere.
Il suo primo incarico è a Milano, all’Istituto Nazionale dei Tumori, nel reparto di Oncologia Ginecologica. È il primo uomo in ginecologia. Si siede sul letto delle pazienti e ascolta le loro storie. Vince un concorso a Lodi, al Fatebenefratelli nel reparto di Medicina. «C’erano 48 posti e 5 infermieri». La voce si incrina. «Ho scoperto l’abbandono, ho visto persone ricche morire in una dolorosa solitudine». Solo la fede lo aiuta a non smarrirsi.
Il matrimonio. Dio intanto tesse altri fili della sua esistenza. Nunzia ha gli occhi color del mare. Lei e Aniello si conoscono nel 1991 durante un pellegrinaggio a Czestochowa. Hanno tutti e due alle spalle un Cammino Neocatecumenale. L’amicizia coltivata nel tempo, con premura e attenzione, sfocia nel fidanzamento.
È padre Vincenzo Sicignano, sacerdote stimmatino, che ha vissuto il suo ministero sacerdotale nella comunità sant’Antonio da Padova in Poggiomarino fino al 2006 a prendere in mano la situazione: «Dovete sposarvi», dice con affetto e fermezza ai due giovani a cui è legato da una profonda amicizia. Con il volto rischiarato da un sorriso, guarda Aniello e aggiunge: «tanto tu non ti sposeresti mai, non sei sicuro mai di nulla!». La data scelta è l’8 settembre, anniversario di ordinazione del sacerdote. Con la serenità di chi getta uno sguardo al passato, Aniello aggiunge: «Il Signore mi ha messo accanto la donna giusta».
Con il matrimonio arriva il trasferimento a Prato. Tre giorni dopo le nozze, Nunzia e Aniello sono alla ricerca di una casa nella quale passeranno i primi due anni di vita coniugale.
Poi c’è il ritorno in Campania. Lavora due anni in Rianimazione a Maddaloni. È a contatto ogni giorno con persone sospese tra la vita e la morte. Scopre che la sofferenza non guarda in faccia nessuno: «Avevo sempre pensato che le persone che hanno vissuto rettamente non dovessero morire in un lago di dolore. In quel reparto ho capito che non è così e la mia fede ha dovuto fare un altro scatto in avanti».
Nella sua vita vi è sempre una sovrapposizione tra la carta topografica e la geografia interiore. Nel percorso che piano piano gli consente di ritornare nella sua terra, Dio scrive continuamente nel suo cuore. Pennellate delicate che gli segnano l’anima. Passa 12 giorni all’ospedale di Castiglione di Ravello, nel cuore della magnifica costiera amalfitana. Dalla finestra scorge il mare, è convinto di essere giunto a destinazione. Invece, c’è ancora un tratto di strada da fare. L’ultimo, e forse quello più importante: c’è un posto per lui nella Terapia Intensiva Neonatale del nosocomio nocerino. Il reparto non è ancora pronto e Aniello passa due anni al Nido. Tutti sono sorpresi dalla delicatezza e dalla premura che ha nei confronti dei piccoli. «Com’è fortunata sua moglie!», gli dice una signora. «Non ho figli», risponde senza perdere il sorriso.
I figli sono arrivati quando Dio ha voluto. Lo dice con pacatezza, senza nascondere il dolore di quella lunga attesa. Carlo è nato dopo sei anni di matrimonio, l’anno in cui Aniello inizia a lavorare alla Tin. Quattro anni dopo, arriva anche la piccola Marta.
Le attese non sono mai sterili, producono frutti dal valore inestimabile. L’attenzione di Aniello e Nunzia per i piccoli, per i giovani, per i fidanzati che accompagnano nella preparazione al matrimonio affonda le radici in quel tempo in cui Dio ha scavato a fondo nel loro cuore. Quando in Tin arriva Cristina, una bimba con una gravissima malformazione che i genitori non riconoscono, tutto il reparto si mobilita. Aniello si fa in quattro. La culletta della bambina è punto di incontro e confronto per tutto il personale.
Cristina apre la strada all’esperienza della Celebrazione eucaristica che ogni anno, prima di Natale, raccoglie nella cappella dell’ospedale Umberto I i genitori dei piccoli che non ce l’hanno fatta.
È proprio vero, siamo la somma delle esperienze che viviamo. Ed esse determinano il modo in cui decidiamo di stare al mondo. Sia che si tratti di andare in giro per Poggiomarino a distribuire la rivista, di vivere la propria professione come annuncio e vocazione, portare le caramelle il lunedì pomeriggio ai bimbi che vanno a scuola con la figlioletta Marta o comprare i dolci per un giovane del Marocco che lavora a Poggiomarino. Il motore è unico: amare Dio nel volto del fratello, senza aspettare che siano gli altri a fare il primo passo. Questa è la lezione di Aniello.
Antonietta Abete