A colloquio con Marco Gambardella, impreditore a capo della Bioplast – azienda leader nella produzione di prodotti biodegradabili e compostabili – eletto presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria Salerno. L’intervista dall’archivio della rivista Insieme.
di Martina Nacchio
Passeggiando negli stabilimenti Bioplast si ha l’impressione di esser finiti in un quadro futuristico. Uno di quelli in cui dominano il grigio, il blu e le forme. Perché qui il futuro è di casa. A capo dell’azienda con sede a Fisciano la famiglia Gambardella di Nocera Inferiore.
Marco Gambardella, guida dell’azienda insieme alla sorella Susy, ci racconta lo sviluppo dell’impresa leader nel settore della biodegradabilità.
La Bioplast è una sfida di famiglia iniziata nel 1989 a Nocera Inferiore, grazie al capofamiglia Gerardo, uno dei pionieri della biodegradabilità. Nel 1999 nasce il primo stabilimento a Fisciano. «Parlare di bioplastica nel 1989 era follia, nel 1999 utopia» dichiara Marco mentre sorride con un pizzico di orgoglio. Compiere un passo sempre avanti agli altri è il successo della loro impresa. «Mio padre aveva intuito che l’ambiente avrebbe assunto un ruolo sempre più importante nelle produzioni. Ci ha visto giusto».
La prima commissione fiscianese è per il comune di Mercato San Severino: Bioplast diventa fornitore di buste biodegradabili per la raccolta differenziata.
Oltre i confini nazionali. Nel 2004, dopo una divisione societaria, la svolta. L’azienda della famiglia Gambardella entra nel segmento del food, il confezionamento di prodotti alimentari, e amplia le proprie linee di produzione. Sono anni di investimenti ad alto rischio, soprattutto quelli della crisi economica, che ha avuto nel 2010 il picco. «Ci siamo domandati cosa bisognava fare e abbiamo deciso di non fermarci, continuando ad investire. Nel 2012 abbiamo aperto un nuovo stabilimento, puntando all’internazionalizzazione del nostro brand e ad una maggiore sostenibilità. Se ci fossimo fermati, sarebbe stata l’apocalisse».
In quello stesso anno, la Bioplast varca i confini nazionali e apre un ufficio in Canada. Parte da qui lo sviluppo di un mercato di élite. Barilla, Nestlè, Unilever, sono solo alcuni dei brand divenuti loro clienti. Le esportazioni arrivano in Inghilterra, Germania, Spagna, Austria, Tunisia, Algeria, Marocco e California. «Il mercato nord americano e canadese è stato il trampolino di lancio per quello nord-africano. Questi paesi si fidano molto del Canada perché parlano tutti il francese».
La Bioplast invece parla quattro lingue: inglese, francese, tedesco e italiano. Corsi di formazione linguistica sono previsti per tutti i collaboratori, in totale 74. Anche gli aggiornamenti informatici sono ricorrenti, poiché il ruolo degli operai specializzati è ormai strettamente connesso al sistema operativo della macchina. L’ultima creatura, in funzione da un mese circa nel nuovo stabilimento, è chiamata “astronave”. Tutte le fasi di composizione del prodotto, composto da carta e plastica, avvengono nei diversi settori da cui è costituita.
Quando gli chiedo se nel lungo termine questa alta tecnologia penalizzerà la forza lavoro umana, Marco scuote la testa: «Le risorse umane sono una ricchezza inestimabile. Nell’ultimo triennio abbiamo assunto 18 nuove figure professionali. Certo, diminuisce il lavoro manuale ma non il capitale umano, indispensabile per avanzare sempre di più nell’innovazione». Oggi i clienti sono 358, per una produzione di film che potrebbe avvolgere l’intero continente europeo, Russia compresa.
Al servizio dell’ambiente. Gli sviluppi degli ultimi anni hanno rafforzato ancora di più la mission dell’azienda: innovazione con un occhio sempre rivolto all’ambiente. La licenza d’uso del marchio Mater-Bi (materiale completamente biodegradabile e compostabile) ne è la prova. «Prima il fatturato delle bioplastiche era meno dello 0,5%, oggi è del 35%. I nostri clienti chiedono prestazioni sempre più elevate perché, anche se il costo è maggiore, è fondamentale diversificarsi. Anche per questo chiedono un supporto a 360 gradi».
Nella direzione della cura completa del cliente, l’ultima novità: la “digitalizzazione” del film usato per proteggere l’alimento. Il progetto prende il nome di “StealthCode”. Attraverso un’app si avvia una scansione grazie alla quale è possibile tracciare e informarsi sul prodotto, ottenendo informazioni aggiuntive rispetto a quelle indicate per legge. Un modo per combattere la contraffazione e fidelizzare i consumatori. Grazie a quest’app, Bioplast si è aggiudicata il riconoscimento “Best practices per l’innovazione 2016” nel campo web.
Tra i tanti riconoscimenti che hanno costellato i venticinque anni di attività, il più prestigioso: dopo l’oscar dell’imballaggio vinto nel 2016, la Bioplast la prossima primavera dovrà ritirare l’oscar di caratura internazionale.
Venticinque anni di storia e un futuro tutto da costruire. Marco Gambardella ha le idee chiare e il cuore diviso
tra il sogno americano e la fioritura nella sua terra, Nocera Inferiore. «La decisione di lasciare Nocera ci è costata. Le aziende sono creature familiari. Ma non è detto che in futuro il nostro territorio non ci offra un’accoglienza migliore, come quella riservataci dal comune fiscianese. E, poi, c’è anche l’America ad aspettarci, un riscatto per tutti gli italiani espatriati che portano in alto il nostro nome».