Giulia, figlia della quarantena

Maria, giovane insegnante di sostegno, ha partorito la sua bimba nel pieno della pandemia, lo scorso 27 marzo. La mamma racconta paure e speranza di una gravidana vissuta come in un tempo di guerra.

di Mariarosaria Petti

Diventare madre nel pieno di una pandemia. È quello che è accaduto a Maria Petrozzi, giovane insegnante di sostegno di Nocera Inferiore, che ha visto crescere il pancione durante il lockdown, vissuto a casa insieme al marito Alessandro Scarpa.

Il giorno zero

Il 21 febbraio – a poco meno di un mese dalla data del presunto parto di Maria – è il giorno zero per il Belpaese: l’Italia (e con lei anche l’Europa) registra ufficialmente il primo caso di coronavirus. «Seguivo con angoscia i telegiornali, le notizie che man mano arrivavano mi davano sconforto» racconta la neomamma, che piangeva tutte le sere. Il virus viaggia più veloce della paura della gestante: in pochi giorni la curva dei contagi s’impenna, la Lombardia e altre 14 province vengono chiuse.

L’inizio del lockdown

Il 9 marzo, il premier Conte dichiara il confinamento dell’intero Paese per contenere la diffusione del coronavirus, che sarà catalogato come una pandemia dall’Organizzazione Mondiale della Sanità soltanto due giorni dopo. Siamo a 9 giorni dalla scadenza del termine del presunto parto di Maria: «Cercavo di distrarmi per far passare le giornate. Cucinavo, vedevo serie tv, mi allenavo con gli esercizi propedeutici al parto – spiega l’insegnante –, mio marito era con me e mi ha aiutato molto».

Partorire durante il lockdown

Partorire durante l’emergenza sanitaria è un percorso ad ostacoli. Con l’inizio del lockdown comincia ad essere più difficile sostenere qualsiasi visita medica: «Lo studio privato del mio ginecologo era chiuso. Per i tracciati dovevo andare in Ospedale, passando sempre dal Pronto Soccorso».

Una trafila stancante. «Mia sorella Erika è ostetrica e avrebbe dovuto essere in sala parto con me, ma il protocollo di sicurezza anti Covid-19 non lo ha permesso». Maria ha dovuto far a meno anche della presenza della mamma e delle visite del marito. «Ero continuamente al telefono» aggiunge sorridendo.

 

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