Oggi è la Giornata Mondiale della Sicurezza del Paziente, istituita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per migliorare la comprensione globale della sicurezza dei pazienti e aumentare l’impegno pubblico nella sicurezza dell’assistenza sanitaria. Pubblichiamo la lettera di Massimo De Rosa, malato di SLA.
Il 17 settembre è stata dichiarata dalla Organizzazione Mondiale della Sanità “Giornata Mondiale della Sicurezza del Paziente”, intendendo come priorità la sicurezza del paziente nei processi per la cura e la salute. L’Italia, con decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 4 aprile 2019, non solo ne ha recepito le indicazioni, ma ha istituito, nello stesso giorno, la “Giornata nazionale per la sicurezza delle cure e della persona assistita”.
Gli obiettivi della Giornata Mondiale della Sicurezza del Paziente
Gli obiettivi generali dell’iniziativa sono migliorare la comprensione globale della sicurezza dei pazienti, aumentare l’impegno pubblico nella sicurezza dell’assistenza sanitaria e promuovere azioni globali per migliorare la sicurezza dei pazienti e ridurre i danni agli assistiti.
In occasione di questa speciale giornata, pubblichiamo la lettera che il dottor Massimo De Rosa, malato di SLA, ha scritto a mons. Giuseppe Giudice, lo scorso 20 febbraio, per ringraziarlo del loro incontro durante la Visita Pastorale alla parrocchia San Giovanni Battista di Angri.
Che cos’è la Sclerosi Laterale Amiotrofica?
La SLA è una malattia che provoca una perdita progressiva e irreversibile della capacità di deglutizione, dell’articolazione della parola e del controllo dei muscoli ma che non altera le funzioni cognitive. Una testimonianza toccante che ci invita a non dimenticare chi vive in una condizione di estrema fragilità fisica e ci ricorda, nello stesso tempo, l’importanza di farsi prossimo rimanendo accanto a chi soffre.
La lettera
Eccellenza,
buon pomeriggio e benvenuto nella mia casa. Una casa “laboratorio di sofferenza” dove si spera che tutti, io per primo e quelli che abitualmente mi assistono nonché quelli che vengono a visitarmi, impariamo a conoscere Dio anche nella prova, unendoci a Cristo e diventandogli simili nel dolore.
Quanti insani pensieri, quante paure, angosce mi assalgono! Quanti problemi e sentimenti questa patologia finisce per imporre! Conosco le notti insonni perse guardando il buio, conosco lo svuotarsi giorno dopo giorno di ogni energia, conosco la paura per quello che verrà. Conosco il problema di non poter far fronte a tutte le cose che questa malattia richiederebbe, ai soldi che ogni mese finiscono prima e conosco, ahimè molto bene, i pensieri di morte che spesso mi affiorano alla mente, forse anche per il troppo tempo che ho per pensarci, magari fissando, nella forzata immobilità, sempre lo stesso spicchio di cielo dallo stesso balcone o il soffitto senza stelle.
Per fortuna, pur non avendo più una propria famiglia, non sono abbandonato, anzi. Mi stanno tutti vicino, gli operatori (compresi quelli della Cooperativa “Il Sorriso d’Argento”), i parenti, l’amministratore di sostegno, il dottor Alfonso Toscano, dirigente dei Servizi Sociali del Comune di Angri e, con loro, molti amici, molti di più di quelli che si sono allontanati. Ma tutto questo amore attorno a me non allontana, spesso, tristi pensieri che, per fortuna, volano subito via davanti al primo sorriso del risveglio mattutino.
Il dolore per la mia condizione spesso mi rende egoista, urticante nella relazione con quelle persone che, con sacrificio e amore, mi assistono e non riesco a ricambiare, come invece sarebbe doveroso, quell’amore concreto, fatto di fatica, stress, professionalità, di tenerezza, di gesti gratuiti, immediati, semplici che infondono fiducia nelle persone e rinfrancano l’animo martoriato.
Molti pensano che la malattia e la vecchiaia siano segno di maledizione e, confesso, anche io nella mia condizione di estrema fragilità, l’ho pensato tantissime volte ma papa Giovanni Paolo II scrisse in una sua enciclica che “la persona umana ha un valore incomparabile” e questo è una iniezione di fiducia soprattutto in se stessi ed è un monito per tanti che spesso dimenticano le persone che sono bloccate in casa da una malattia o da una sofferenza. Papa Francesco direbbe che il mondo scarta queste persone che avvertono come un peso.
Per fortuna Lei Eccellenza, con la sua visita in questa casa, fa capire a me e agli altri che le persone sono tanto preziose e che la loro vita, pur essendo bloccate a letto, non è inutile, e che la Chiesa è presente e va verso di loro.
Oh come sarebbe bello che il Signore, come nell’episodio dell’uomo malato da 38 anni e che gli chiedeva di guarirlo, rispondesse alle mie invocazioni: “Alzati, prendi la tua barella e cammina”! Ma devo imparare a rispettare i tempi e la volontà di Dio su di me.
E mi creda, Eccellenza, non è facile aspettare, aspettare e aspettare! Per me e tutti gli ammalati invoco solo una vita dignitosa. Le chiedo Eccellenza di confermarmi nella fede, di incoraggiarmi e sostenermi anche con le sue preghiere.
Grazie.
Dottor Massimo De Rosa
(malato di SLA)