«Carità cristiana non signifca dare il superfluo ma dividere il necessario col bisognoso» dice Cristo a don Camillo. Pubblichiamo il contributo di mons. Giuseppe Giudice per la sua rubrica “L’evidenziatore”, comparso sul numero di ottobre di Insieme, in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della povertà.
C’erano dei poveri anche fra i «rossi», ma nessuno si presentò e questo era l’unico rovello di don Camillo che si era già preparato una formula speciale anche per loro: «Non ti spetterebbe perché tu ricevi già un sacco di roba da Stalin. A ogni modo ti faccia buon pro, compagno: eccoti il tuo pacco». Ma non si presentò nessuno di quelli là e, quando vennero ad avvertirlo che lo Smilzo, nascosto dietro una pianta, prendeva i nomi della gente che veniva a ritirare il pacco, don Camillo capì che avrebbe dovuto tenersi la sua famosa frase in corpo.
Alle sei del pomeriggio tutti i poveri «normali» erano sistemati e rimaneva ancora il mucchietto destinato ai poveri «speciali». Allora don Camillo andò a confidarsi col Cristo dell’altar maggiore. «Gesù» disse «vedete che roba?». «Vedo, don Camillo. E tutto ciò è molto commovente, perché è povera gente che ha bisogno come gli altri, ma obbedisce più ai suoi capi che alla sua fame. E così toglie a don Camillo la soddisfazione di umiliarla coi suoi sarcasmi». Don Camillo abbassò il capo. «Carità cristiana non significa dare il superfluo al bisognoso, ma dividere il necessario col bisognoso. San Martino divise il suo mantello col poverello che tremava per il freddo: questa è carità cristiana. E anche quando dividi il tuo unico pane con l’affamato, tu non devi gettarglielo come si getta un osso a un cane. Bisogna dare con umiltà: ringraziare l’affamato di averti concesso di dividere con lui la sua fame. Tu oggi hai fatto soltanto della beneficenza e neppure il superfluo tuo, ma il superfluo degli altri hai distribuito ai bisognosi, e non c’è stato nessun merito nella tua azione. Eppure non eri umilissimo come avresti dovuto essere, ma il tuo cuore era pieno di veleno».
G. Guareschi, Il commissario,
in A. Gnocchi – M. Palmaro (a cura di),
Qua la mano don Camillo. La teologia secondo Peppone, Ancora, Milano, 2006
Mi piace evidenziare, con questo bel testo dello scrittore Giovannino Guareschi, la peculiarità della carità. La carità è lingua universale, è cifra che ci distingue, è virtù sempre attuale. Per essere esercitata, chiede soggetti adatti, tempi precisi, cuori liberi e continua conversione a Dio che Caritas est.
Proviamoci ancora nella nostra vita per ripartire con il piede giusto in questo nostro tempo e faremo anche noi l’esperienza gratificante della verità che ci rende liberi.
+ Giuseppe Giudice, Vescovo