Carlo Acutis, il quindicenne beatificato lo scorso 10 ottobre nella basilica di San Francesco ad Assisi, sapeva riconoscere i segni di Dio nella sua vita e in quella degli altri. A colloquio con il postulatore Nicola Gori
Perché la Chiesa ha deciso di aprire il processo per la beatificazione e canonizzazione di Carlo Acutis?
«La crescente fama di santità che si è sviluppata intorno a Carlo Acutis, subito dopo la sua morte, ha favorito senza dubbio l’apertura della causa di beatificazione. C’è stato un immediato e continuo interesse del popolo di Dio verso questo giovane, non solo nella cerchia dei suoi amici e conoscenti ma anche da parte di persone che venivano in contatto con lui attraverso i nuovi mezzi di comunicazione sociale. La cosa sorprendente è che poco tempo dopo la morte di Carlo la sua famiglia ha iniziato a ricevere migliaia di messaggi in cui si chiedeva di conoscere la vita e la figura di questo ragazzo. Aprendo l’indagine diocesana sull’esercizio eroico delle virtù di Carlo, la Chiesa ha voluto verificare se fosse possibile indicarlo come testimone di Cristo ai giovani del nostro tempo».
Lei ha studiato la sua vita in profondità. Cosa la colpisce di più?
«La sua capacità di saper riconoscere i segni di Dio nella sua vita e in quella dei fratelli. Carlo aveva un forte senso della presenza di Dio, lo sentiva vicino, accanto a sé. Percepiva l’amore divino nei suoi confronti e questo lo spingeva a donarsi agli altri, per renderli partecipi della gioia che aveva nel cuore. Era veramente un innamorato di Cristo. Non poteva fare a meno di seguirlo, di pregarlo, di amarlo e di farlo conoscere ai fratelli come il tesoro più prezioso della sua vita».
Cosa direbbe ai fedeli del beato Carlo Acutis?
«Carlo è stato un segno di Dio per il nostro tempo, non solo per i giovani ma anche per gli educatori, per i genitori, per quanti operano in mezzo alle nuove generazioni. L’incontro con Carlo non lascia mai indifferenti. La sua testimonianza obbliga a riflettere, a rivedere la propria vita. Nessuno può rimanere inerte di fronte agli inviti pressanti del Beato a conoscere sempre più Cristo e il suo Vangelo. Occorre tradurre in pratica quanto Carlo indica a tutti: vivere la carità verso Dio e i fratelli».
A quattro mesi dalla beatificazione, quali sono le risonanze e prospettive future? «La beatificazione ha avuto una risonanza immensa non solo in Assisi ma in tutto il mondo. C’è stato un interesse enorme nei confronti di questo ragazzo che cercava Dio e amava seguirlo come discepolo. Dove c’è Carlo c’è Dio, perché egli è il suo messaggero. Il Beato chiede a tutti noi di incontrare Gesù nell’Eucaristia, di andare a trovarlo nei tabernacoli delle nostre chiese e nei fratelli che incontriamo sul nostro cammino. Tanta devozione verso Carlo favorirà le richieste di intercessione. Speriamo che una catena di preghiere così grande possa condurre presto al verificarsi di un presunto miracolo attribuito alla sua intercessione. Il suo riconoscimento da parte della Congregazione delle Cause dei Santi e la firma di papa Francesco sono necessari per poterlo dichiarare Santo».
Fra Salvatore Manzo