Cominciamo il cammino quaresimale ancora nell’onda della pandemia da Covid-19. Lo scorso anno, ci siamo incamminati verso la Pasqua ancora ignari di quanto sarebbe accaduto di lì a poco: la Resurrezione del Signore vissuta in isolamento, lontano dai cari e dagli altari.
«Il messaggio quaresimale di quest’anno non può e non deve prescindere dal momento delicato che insieme stiamo attraversando» scrive il Vescovo della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, mons. Giuseppe Giudice, nel suo Messaggio per la Quaresima 2021 dal titolo “Atelier della festa: Dio tre volte sarto”, ricordando al popolo di Dio che «mai, come in questo tempo, abbiamo preso coscienza della nostra fragilità, dell’essere nudi ed esposti ad ogni pericolo e tentazione».
L’immagine che il presule ci consegna è quella di un Dio tre volte sarto: «Che fosse tre volte santo lo abbiamo imparato dal catechismo, ma tre volte sarto è una bella scoperta, e ci fa bene sapere che Dio viene a rivestire la nostra fragilità» si legge nel Messaggio.
Adamo ed Eva, l’abito della dignità
Dalle prime battute del testo, il Vescovo ci riporta all’origine della creazione, con Adamo ed Eva che in Genesi 3,7 intrecciano foglie di fico per vestirsi. Scrive mons. Giudice: «Peccando, e accusandosi l’un l’altro, perdono l’abito dello splendore e della dignità». Ed ecco che per la prima volta interviene Dio che come un sarto «fece all’uomo e a sua moglie tuniche di pelli e li vestì» (Gen 3, 21). Come scrive Dietrich Bonhoeffer in Riconoscere Dio al centro della vita: «Dio non si vergogna della bassezza dell’uomo, vi entra dentro […] Dio è vicino alla bassezza, ama ciò che è perduto, ciò che non è considerato, l’insignificante, ciò che è emarginato, debole e affranto; dove gli uomini dicono “perduto”, lì egli dice “salvato”». L’abito della misericordia è tessuto per Adamo ed Eva, perché possa cominciare la storia dell’umanità.
Quella tunica indivisibile, segno di unità
«Il secondo appuntamento con Dio sarto che veste così l’erba del campo (Mt 6, 30), ci porta su una montagnetta spelacchiata, il Golgota», ci conduce per mano il Pastore della nostra Diocesi per continuare a scoprire le meraviglie del Signore che taglia e cuce con fili di compassione. Questa volta Gesù è nudo sulla croce, i soldati ai suoi piedi strappano le sue vesti in quattro parti, ma la tunica – tessuta senza cuciture – non può essere divisa. Mons. Giudice commenta: «È segno del vestito della grazia e di quella unità che il Figlio ha ricamato – da cima a fondo – nella veste preziosa della Chiesa. […] nonostante le traversie del tempo e della storia, rimane sempre tutta d’un pezzo».
La pazienza di chi cuce e scuce
È nell’Apocalisse che incontriamo nuovamente Dio in funzione di sarto «Allora venne data a ciascuno di loro una veste candida e fu detto loro di pazientare ancora un poco, finché fosse completo il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli, che dovevano essere uccisi come loro» (Ap 6, 11). Un invito alla pazienza, che il Vescovo Giuseppe descrive così: «L’elegante bellezza comporta sempre un tagliare, un togliere, un cucire e scucire, un adattare, ed è sempre opera di un bravo sarto. Richiede stoffa, tempo e competenze».
Attraversiamo, dunque, la Quaresima come la grande tribolazione della vita e della fede (cfr Ap 7, 13-14), pronti a rivestirci di luce, indossando l’abito della festa nella Pasqua di Resurrezione e cantando di nuovo l’Alleluia, perché il Signore cuce un abito per ciascuno di noi, affinché possa risplendere Sua bellezza, la Sua somiglianza, il Suo amore.
Mariarosaria Petti