Per i cristiani di Abitene la partecipazione all’Eucarestia domenicale era il momento nel quale la fede in Cristo morto e risorto diventava incontro personale e comunitario con il Risorto, identità senza la quale non si è credenti. È così anche per noi? Nuovo appuntamento con la rubrica di mons. Giuseppe Giudice, “Ci vediamo domenica a Messa”.
di mons. Giuseppe Giudice
A Pasqua è bello ripensare alle origini della comunità dei credenti. Dopo un periodo di relativa calma, durante il quale la comunità cristiana aveva potuto crescere e diffondersi nelle diverse regioni dell’impero romano, negli anni 303-304 d.C. l’imperatore Diocleziano scatenò una furiosa persecuzione contro il cristianesimo.
La storia dei cristiani di Abitene
Un gruppo di 49 cristiani di Abitene – località della Provincia Romana detta Africa Proconsularis (odierna Tunisia) – risponde al Decreto che proibisce le riunioni cultuali e ordina di consegnare i libri sacri, utilizzati la Domenica per la lettura e la spiegazione delle Sacre Scritture e per la celebrazione dell’Eucarestia nelle case private.
Sopresi e arrestati, questi cristiani sono sottoposti a processo del quale ci sono pervenuti gli atti autentici. Il proconsole Anulino interroga Emerito e gli chiede se, contro l’editto dell’imperatore, si fossero tenute nella sua casa le assemblee. Emerito risponde affermativamente e aggiunge che non l’aveva impedito perché noi cristiani senza la domenica non possiamo vivere. In latino, la frase ha una più efficace carica espressiva: Sine dominico non possumus.
Sine dominico non possumus
Saturnino, il prete che presiedeva l’assemblea, davanti alle accuse che gli vengono mosse, risponde con fermezza e semplicità che lui e la sua comunità non potevano fare a meno di riunirsi nell’assemblea domenicale, perché un cristiano non può vivere senza partecipare all’Eucarestia nel giorno del Signore.
La risposta che Saturnino dà al giudice è significativa. Egli conosce il divieto dell’imperatore, ma è anche convinto che non è possibile smettere di celebrare la Pasqua domenicale: così ordina la nostra legge. In altri termini, per Saturnino il mistero della morte e della risurrezione di Gesù deve essere celebrato tutte le domeniche, proprio in obbedienza al comando del Signore – fate questo in memoria di me (Lc 22,19 – cfr 1Cor 11,25) – e alla sua promessa di essere presente tutti i giorni fino alla consumazione dei secoli (cfr Mt 28,20).
La forza di restare fedeli alla Messa
Ci chiediamo: dove avevano attinto i nostri antichi fratelli e sorelle quel modo di pensare e di agire, quella forza di dare anche la vita pur di restare fedeli alla Messa domenicale? La risposta è unica e singolare: per loro la partecipazione all’Eucarestia domenicale era un’esperienza che aveva a che fare con il cuore stesso della fede cristiana, era il momento nel quale la fede in Cristo morto e risorto diventava incontro personale e comunitario con il Risorto, identità senza la quale non si è credenti.Questo è il motivo molto semplice per il quale sine dominico non possumus. E noi?