Il linguaggio di una favola per parlare al cuore della città. È questa la scelta di mons. Giuseppe Giudice per il decimo Discorso alla Città, pronunciato ieri sera, 30 aprile, presso la Cattedrale di San Prisco a Nocera Inferiore. «Forse ci può fare bene, nel 140° anno della Pubblicazione (1881-2021), rileggere le Avventure di Pinocchio, masticando dentro questa domanda singolare: Fragili o Burattini?» ha chiesto il Vescovo alla platea composta non soltanto dai fedeli laici ma anche dalle istituzioni del territorio e dai rappresentati della classe politica.
Un appuntamento che quest’anno è tornato ad essere in presenza – seppur gestito nel rispetto dei protocolli di sicurezza anti-contagio da Covid-19 – dopo la pausa dello scorso anno, quando – nel pieno della prima ondata pandemica – il discorso “Il tempo in cui sei stata visitata” fu soltanto pubblicato online.
Con “Fragili o Burattini” il Vescovo ha inteso riferirsi a tutta la società, nelle sue varie articolazioni: «Idealmente, vorrei donare il testo non solo ai bambini, ma agli adulti, a tutti: alle famiglie, al mondo della scuola, al mondo sociale e della politica, al mondo dello sport e del tempo libero, alle nostre comunità cristiane, ai circensi, per scoprire nella favola indicazioni e suggerimenti preziosi per governare la nostra vita e quella delle nostre città».
Il tema della paternità
La scelta di commentare Pinocchio restituisce il desiderio del Vescovo di voler accendere i riflettori sul tema della paternità – intesa sia come rapporto con il padre che come relazione con Dio Padre – in un periodo singolare. Infatti, papa Francesco ha indetto uno speciale “Anno di san Giuseppe”: con la Lettera apostolica “Patris corde – Con cuore di Padre”, Bergoglio ricorda il centocinquantesimo anniversario della dichiarazione di san Giuseppe quale Patrono della Chiesa universale.
E non è tutto. Il prossimo 13 maggio ricorrerà il decimo anniversario di ordinazione episcopale di mons. Giuseppe Giudice. Dieci anni sono trascorsi insieme al nostro Pastore, che ieri sera ha parlato alla sua Città dell’Agro con cuore e occhi di padre. «Tornare al padre – in una cultura che ha fatto del tutto per distruggere la paternità – è la ragione della raggiunta felicità […]. Non poche volte si lascia il filo indistruttibile dell’amore paterno e familiare per essere mossi, manovrati e guidati da altri fili molto fragili e inconsistenti» ha affermato il Vescovo.
Il male dentro di noi e quello che abita fuori
E se siamo nel tempo “dell’evaporazione del padre” – per dirla con Jacques Lacan – nell’era del tramonto dell’autorità, che senso assumono il male e la libertà? Se lo chiede anche mons. Giudice, che in due distinti passaggi ci interpella sul male «scoperto dentro il nostro cuore» e quello che «abita anche fuori di noi». Da un lato, s’innesta l’immagine del Grillo parlante colpito dal martello di Pinocchio; dall’altro, le figure del Gatto e della Volpe: «Quanta attenzione, quanto discernimento ci serve, per salvare la nostra vita dai tanti truffatori che incontriamo sulla strada, personaggi di ieri e di oggi. E che lezione dalla favola per questo tempo quando, come Pinocchio, si teme più la medicina che il male?» domanda il vescovo Giuseppe, con un chiaro riferimento al sentimento di paura e sfiducia che sta gettando nella bufera la campagna vaccinale in corso contro il Covid-19.
Nella favola di Collodi non c’è spazio per la tesi illuministica dell’autosalvezza, citata dal Pastore della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno: «L’uomo, creato da un Altro, non è un assoluto e non si può salvare da solo». Leggiamo ancora dal Discorso alla Città: «Lo straordinario personaggio della Fata dai capelli turchini è icona di quella salvezza che è donata dall’alto e, se accolta, può guidare a lieto fine la tragedia della creatura ribelle».
“La nostalgia del padre”
Che cosa ci permette, in ultima analisi, di salvarci? Per Pinocchio è “la nostalgia del padre” a valergli un epilogo diverso dagli altri burattini. Quei fili agganciati alle marionette di legno possono salvare o distruggere, illuminare o far sprofondare: «Pinocchio rischia più di una volta di diventare bestia, di imbestialirsi, di essere un asino o un cane, ma viene salvato dal filo indistruttibile dell’amore paterno».
«I figli hanno bisogno di testimoni che dicano loro non qual è il senso dell’esistenza, bensì che mostrino attraverso la loro vita che l’esistenza può avere un senso» afferma lo psicoanalista Massimo Recalcati e su questa linea di pensiero si muove la conclusione del Discorso alla Città di mons. Giudice. «Nel buio della notte – e Pinocchio vive diverse notti – nelle difficoltà e peripezie della vita, c’è una coscienza (il Grillo parlante) che, se ben formata ed ascoltata, può aiutarci a camminare verso l’aurora».
Con cuore di padre
Dopo aver vissuto la Visita Pastorale – conoscendo da vicino città, parrocchie e persone – e alla vigilia del decimo anniversario di ordinazione presbiterale, mons. Giudice conclude il suo discorso con l’appello che solo un padre può pronunciare: «C’è un Padre, un Amore, che sempre ci attende sull’uscio di casa, pur rispettando le nostre cadute e i nostri ritardi. […] Segnati dal male, possiamo affidarci alla grazia, al bene, a persone affidabili, a scuole e associazioni serie, per diventare di carne, veri uomini, persone e non individui, e non burattini bugiardi, pronti sempre a marinare la scuola della vita. Non ci servono burattinai di turno, che si servono di noi per riempire il loro tempo e guadagnare, ma abbiamo bisogno di ritrovare la strada di casa e il padre». E in quell’attesa paziente del Vescovo sull’uscio rivediamo quella di Dio Padre che non si stanca di aspettarci.