“Subito dopo Pasqua, la comunità entra in fermento per la festa di santa Rita”. Parola di Maria Carmela Petrosino, responsabile del coro della parrocchia Santi Simone e Giuda di Nocera Inferiore. Grazie a Maria Carmela riviviamo alcune delle tradizioni legate ai festeggiamenti della “santa delle cause impossibili”, che nel quartiere Casolla di Nocera Inferiore – ma anche in tutto il resto della città – rappresenta uno dei momenti più attesi di tutto l’anno.
“Ho sempre considerato la festa di santa Rita come un prolungamento della Pasqua, perché cade di solito in questo tempo, in prossimità anche dell’Ascensione e della Pentecoste. È come se – continua la donna – quella rinascita caratterizzata dalla Resurrezione proseguisse con la festa della santa”.
L’origine della devozione a Santa Rita del quartiere Casolla di Nocera Inferiore
L’origine della devozione a santa Rita nella parrocchia di Casolla affonda le sue radici nel passato: “A Casolla, Rita è una Patrona adottiva: la nostra comunità è intitolata agli apostoli Simone e Giuda Taddeo, però affettivamente la parrocchia è sempre stata legata a questa straordinaria figura di santità, impastata di crocifisso, pace e dedizione al prossimo”.
La storia della devozione a santa Rita a Casolla inizia nel 1900, dopo poco dalla sua canonizzazione, quando il parroco dell’epoca, don Giuseppe Vitolo, fece arrivare da Napoli un’immagine della santa in cartapesta. “Nelle altre parrocchie santa Rita è sempre raffigurata da giovane, a Casolla la statua non ha i tratti di una fanciulla, ma quelli di una donna vissuta. La ricordiamo moglie e madre travagliata. L’immagine che veneriamo nella nostra parrocchia ha un viso segnato dall’esperienza, le mani rigate dalle vene e dalla fatica. E il suo sguardo è fisso sul crocifisso. Questa effige così particolare ha fatto venire fedeli da ovunque, abbiamo una bacheca ex voto molto fitta” spiega Maria Carmela Petrosino.
I ricordi da bambina
I ricordi sono tanti, Maria Carmela apre lo scrigno della memoria: “Una nostra parrocchiana, Nunzia Buono, prima di morire, ha voluto che i ragazzi del coro imparassero un inno composto da un fedele di Casolla”. Uno scambio intergenerazionale che racconta al meglio cosa sia la trasmissione della fede e il valore di una parrocchia.
Dopo il 1980, la parrocchia decide di portare in processione non soltanto la statua di santa Rita ma anche quella della Madonna delle Grazie, la cui festa ricorre il 2 luglio: “Si decise di sottolineare il fatto che la memoria liturgica di Rita fosse inserita nel mese dedicato a Maria” chiarisce Maria Carmela.
Per la maestra del coro, l’autenticità della festa è tutta nello sguardo di devozione sincera dei fedeli, oltre ogni organizzazione scenica: “La bellezza della processione sta sia in una cascata gigantesca preparata nei minimi dettagli che in un cestino con pochi petali nelle mani di un anziano. Ho sempre immaginato quei petali come la grazia che si riversa su queste figure di santità”.
Per Maria Carmela, i più densi sono i ricordi da bambina: “Nel settembre del 1985 ho ricevuto la Prima Comunione, a maggio ho partecipato alla processione, ricordo ancor l’emozione di vedermi cadere addosso tutti quei petali”. Poi quella bimba è cresciuta ed è diventata una giovane di Azione Cattolica: “Vedevo le persone fermarsi anche solo per una preghiera. Qualcuno derideva noi ragazzi che seguivamo la processione. Un altro ricordo molto bello è l’immagine dei genitori che avvicinano i figli alle statue”.
Le statue ballano al rientro in parrocchia?
Maria Carmela ci svela l’ultimo mito legato alla processione di santa Rita: “Molti raccontano che le statue al ritorno in parrocchia ballano. In realtà, i portatori – una volta definiti santieri – seguono un capofila che detta un ritmo per non affaticare troppo il corpo durante il tragitto, a causa del peso delle statue”.
Nessun miracolo, quindi, se non quello di lasciarsi stupire dalla storia di santità di Rita.