Il suono delle autoambulanze ha accompagnato le nostre giornate. Eppure molti continuano a negare la gravità della pandemia. Proviamo a capire quale meccanismo psicologico scatta.
«In una giornata normale, fatta di distanziamento, mascherina e disinfettante, arriva quella telefonata che non vorresti mai ricevere: “È stata intubata, è grave”.
Il corpo si blocca, quasi come dovesse stare attento a non inglobare troppa aria per non esplodere. Di colpo tutto si muove a rallentatore e nella mente compare un unico pensiero. Sale la rabbia e il senso di impotenza.
E resti attaccata ad un telefono, sobbalzando ad ogni squillo, provando un cocktail di emozioni, terrore misto a speranza, ma nulla, tutto ripiomba e resti ancora sospesa.
Il dolore irrompe in un modo fortemente invalidante ogni volta che immagini di colpo un futuro senza una parte importante di te. Inizi a camminare come su un baratro, sospeso tra cielo e terra, in una dimensione pregna di paura e angoscia.
Provi ad aggrapparti a tutto quello che appartiene sia a questa che all’altra vita. E aspetti, e attendi fino a quando arriva l’ultima telefonata». (Tratto da una storia vera).
Di che cosa si tratta?
Questo terremoto emotivo investe chi ha un caro colpito da Covid-19, costretto ad essere ospedalizzato lontano dalle cure dei familiari, in piena solitudine e a rischio vita. Di storie simili purtroppo il nostro territorio è pieno.
Eppure gran parte della popolazione resta impassibile. Con alcuni colleghi ci siamo chiesti cosa impedisce ad alcune persone di comprendere la reale entità della situazione? Come mai queste storie così dense di emozioni sembra non tocchino i cuori di tutti?
Ci si può abituare al dolore?
È quasi come se la popolazione si fosse abituata a tanto dolore e angoscia. Lo stress costante a cui è costretta a sottostare, unito ai problemi di natura economica, creano uno stato di insofferenza che induce una sorta di distacco emotivo dalla situazione.
Come è stato dimostrato da innumerevoli ricerche, quando si è costretti a sottostare ad una situazione estremamente stressante, per un tempo prolungato, potrebbero manifestarsi fenomeni di cinismo e difficoltà ad essere consapevoli delle situazioni contingenti, con la conseguente oppositività nel corretto rispetto delle regole o con l’assunzione di comportamenti antisociali.
Purtroppo le problematiche psicologiche continuano ad essere sottovalutate dalle autorità competenti. Ma chiedere aiuto professionale, in questa fase così delicata, in particolare per la fascia d’età che va dai 13 ai 25 anni, è l’unico modo per contenere l’insorgenza di questi fenomeni.