I miracoli di Lourdes

A Lourdes la Madonna guarisce soprattutto i cuori. L’esperienza di Immacolata De Prisco, Giuseppe Santitoro e Francesco Tortora che partecipano come volontari al pellegrinaggio dealla Pia Unione Ammalati Cristo Salvezza
Grotta delle apparizioni – (Foto Siciliani-Gennari/Sir)

Il santuario di Lourdes continua a registrare guarigioni scientificamente inspiegabili. Sono 70 i casi di miracoli accertati da una commissione medica, l’ultimo riguarda suor Bernadette Moriau, della famiglia delle oblate francescane, affetta per 42 anni dalla sindrome della cauda equina, una grave patologia neurologica che ha costretto la religiosa a fare i conti con dolori acuti e una progressiva paralisi.

Eppure, quattro interventi chirurgici, la sedia a rotelle e un piede divenuto deforme non le hanno impedito di prendersi cura dei malati e dei disabili. Nel 2008, per il 150esimo anniversario delle apparizioni a santa Bernadette Soubirous, la religiosa va in pellegrinaggio a Lourdes. E qui accade l’inspiegabile: quando torna dal santuario è improvvisamente e miracolosamente guarita.

Ma a Lourdes non si registrano solo guarigioni fisiche, tanti pellegrini tornano a casa con il cuore rinato, molti ammalati ricevono la forza necessaria per accogliere e vivere la stagione della malattia.

Grotta delle apparizioni – (Foto Siciliani-Gennari/Sir)

Tra i volontari che ogni anno si recano a Lourdes ci sono anche Immacolata, Giuseppe e Francesco, membri della Pia Unione Ammalati Cristo Salvezza, l’associazione fondata a Pagani dal servo di Dio Alfonso Russo, opera che ha educato famiglie, giovani e ragazzi al carisma per il mondo della sofferenza.

Immacolata De Prisco durante un pellegrinaggio

«Mi è sempre piaciuto stare con i ragazzi, sono cresciuta in Azione Cattolica e sono stata anche educatrice» racconta Immacolata De Prisco, Tina per gli amici, originaria di Nocera Inferiore. Nel 2006 conosce un volontario della Puacs che la invita a partecipare al pellegrinaggio che l’associazione organizza ad agosto a Lourdes. In quel periodo si sente un po’ giù, così decide di partire. Sorride e aggiunge un particolare di non poco conto: «La Madonna mi aspettava. Non mi è mai piaciuto molto il mio nome, spesso dicevo a mia mamma: “Ma perché mi hai chiamato così?”. Poi tutto è stato chiaro: non solo mi chiamo Immacolata ma sono anche nata l’8 dicembre!».

I viaggi, dice, cominciano sempre prima della partenza. Con il tempo ha capito che il suo era iniziato molto tempo prima: «Un anno mio padre è andato a Lourdes insieme alla mamma. Quando sono tornati avevano lo sguardo pieno di luce».

Parte portando nel cuore tanta curiosità, ma sul treno emergono le prime paure: «Sarò capace di stare in mezzo al dolore?» si domanda. Il viaggio dura 24 ore e in treno inizia già il servizio agli ammalati. Non sempre i pellegrini sono garbati. Ma Tina si fa forza e dice a se stessa: questo è il mio percorso.

«Quando sono arrivata a Lourdes ho pensato: “Chi me lo ha fatto fare?”. Dopo una doccia veloce o raggiunto gli altri per l’offerta del cero alla Madonna. Lì è iniziato, anzi è proseguito quello che avevo cominciato. Non penso di aver dato niente a nessuno, piuttosto ho ricevuto. Amo molto viaggiare ma quello che mi dona un pellegrinaggio non lo trovo da nessuna parte, c’è un clima di gioia, è vero, c’è il dolore, attenuato tuttavia dalla gioia della condivisione». Tina è un avvocato, ma da 5 anni fa l’insegnante di sostegno. L’esperienza a Lourdes, che prosegue poi tutto l’anno con l’impegno in associazione, le ha dato una marcia in più in termini di cura ed empatia.

Giuseppe Santitoro ha mosso i primi in Puacs da bambino, quando don Gaetano Ferraioli e don Mimmo Cinque, che attualmente guidano l’associazione, erano giovani seminaristi. È stato l’incontro con Alfonso Russo a trasmettergli l’amore per la Madonna e per il mondo della sofferenza che tra queste mura è un binomio indissolubile.

«Avevo 15 anni quando Alfonso ci disse che saremmo andati anche noi a Lourdes, perché aveva parlato con i nostri genitori – racconta nel bellissimo giardino dell’associazione di Pagani –. Quando vai la prima volta all’estero, lontano dai genitori e sei così giovane, non riesci a cogliere tutta la bellezza di un pellegrinaggio. La situazione è cambiata quando man mano ci sono state affidate delle responsabilità».

Giuseppe aggiunge che è vero che si può pregare in qualsiasi luogo, anche e soprattutto a casa, ma a Lourdes c’è un ambiente che coinvolge di più. «C’è la Madonna che ti chiama. La prima domanda che molti mi fanno quando torno da Lourdes, in riferimento al bagno alle piscine, è: “Sei uscito asciutto?”. Io dico sempre: “No, sono uscito nuovo”. Il silenzio di Lourdes ti aiuta a capire qual è la chiamata della Madonna, com’è stato per Bernadette».

Tra le tante esperienze fatte a Lourdes ce n’è una che lo ha toccato in modo particolare: l’ammalato che prega per gli altri. «Una volta eravamo in sei a tenere un ammalato – ricorda –, e prima del bagno gli abbiamo chiesto di fare una preghiera personale o comunitaria. Lui ha riposto: prego per te». Una lezione che non si può dimenticare. «Lourdes mi ha formato alla vita, mi ha insegnato ad essere prima marito e poi padre» aggiunge. Lourdes gli ha insegnato anche a rimanere con la schiena dritta quando il dolore ha bussato alla porta: «Lo scorso anno siamo stati chiamati a salutare un caro amico, volato in cielo giovanissimo. È morto invocando la Madonna di Lourdes e pregando». Il dolore è ancora presente e visibile, traspare dalla voce ma la Vergine, poco a poco, sta curando le ferite.

Anche Francesco Tortora frequenta l’associazione dall’età di 4 anni, insieme a 4 dei suoi 5 fratelli. «La nonna ci portava tutti insieme» ricorda e aggiunge: «Una volta, padre Alfonso Barba, redentorista, mi chiese: “Perché non vieni tutte le sere in Chiesa?”. Ho imparato così ad amare la Madonna, Gesù Bambino e ad abbracciare il mondo della sofferenza. Ho scoperto poi che sono gli ammalati ad insegnarci molte cose, bisogna saper ascoltare anche i loro silenzi».

Sorride mentre ricorda un aneddoto particolare: «Quando ero bambino, ogni volta che la mia famiglia andava a Lourdes, io finivo puntualmente in ospedale. Fino a quando mia nonna si stufò e nel 1992 decise che sarei andato anche io in pellegrinaggio. Dal 2000 fin ad oggi non ho saltato un solo viaggio».

Molti gli chiedono perché non va in vacanza. La sua risposta è semplice: «Perché a Lourdes faccio il pieno per vivere qui, che è la vera sfida. Passiamo 4 giorni a Lourdes, gli altri 361 giorni li viviamo qui, dove siamo chiamati ad essere testimoni autentici e credibili».

Da tre anni Francesco è ministro straordinario della santa Comunione e svolge il suo ministero al servizio del Santuario Gesù Bambino di Praga. «La mia vita è cambiata tantissimo. Porto l’Eucaristia a persone allettate che, a volte, non conosco. Vedo sempre una ferita nei loro occhi. Mi sento chiamato a dare ancora di più. Mi fermo a parlare con loro, spesso non ho risposte per le loro domande. Quando chiedono: “Perché ha scelto me?” riesco solo a dire: “Dio è con voi e non vi lascia mai soli”».

Tina, Giuseppe e Francesco vanno due volte l’anno a Lourdes perché, su desiderio di Alfonso Russo, sono hospitalier di Notre Dame di Lourdes. Condividere il servizio per l’accoglienza dei pellegrini con braccia che non hai mai visto prima, con persone che non credono in Dio, è un grande insegnamento.

Antonietta Abete

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