Nei Vangeli il volto di Maria è sempre associato a quello di Gesù, a cominciare dall’annuncio angelico che consegna alla Vergine la vocazione alla divina maternità: “Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù” (Lc 1, 31).
È Lui l’unico e vero protagonista della storia. Maria entra sulla scena in riferimento a Lui e vi resta solo per condurre tutto e tutti a Lui. Tra il Figlio e la Madre c’è un legame indissolubile: chi cerca Gesù trova anche Maria. Nella notte di Betlemme i pastori, raggiunti dall’annuncio angelico, si mettono in cammino e “trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia” (2, 16).
L’angelo aveva parlato solo di un bambino avvolto in fasce ma i pastori trovano anche Maria e Giuseppe. Nel racconto evangelico c’è un dettaglio interessante: Maria non tiene quel bambino stretto tra le braccia ma lo depone nella mangiatoia, si distacca da Lui come se volesse – Lei per prima – contemplare il volto del Dio fatto Bambino.
Maria non lo stringe a sé, con amore geloso, non vuole attirare su di sé lo sguardo dell’umanità che solo a Gesù deve essere rivolto. La scena descritta da Luca è l’immagine più eloquente di quella missione che la Chiesa deve esercitare lungo i secoli.
Una Chiesa, come diceva Paolo VI, “fervidamente sollecita d’essere tutta di Cristo, in Cristo e per Cristo, e tutta degli uomini, fra gli uomini e per gli uomini”.
Dal momento in cui Maria ha generato Gesù nella carne e lo ha dato al mondo, non vive che per Lui.
La maternità ecclesiale, che la Vergine esercita lungo i secoli, non solo è il prolungamento della divina maternità ma è l’espressione più immediata di quell’amore che ella nutre per il suo Figlio. Accogliendoci come figli, ella ama in ciascuno di noi il suo unico Figlio. Maria vive quel comandamento della carità che Gesù ha consegnato ad ogni discepolo: “tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40). In ogni uomo Maria riconosce, ama e serve il Figlio.
Una sola cosa
Maria è Madre ma anche Maestra. Maestra proprio in quanto Madre perché desidera che ciascuno dei suoi figli possa “crescere in età, sapienza e grazia” (Lc 2, 52) e raggiungere la pienezza della gioia.
Ogni giorno recito una preghiera a Maria che contiene questa supplica:
Depongo nelle tue mani e nel tuo Cuore tutto il mio essere, perché mi conduca totalmente a Lui, mio Re e mio Signore.
Il Vaticano II spiega che la Vergine Maria “coopera con amore di madre […] alla rigenerazione e formazione” dei figli di Dio (Lumen gentium, 63). La sua opera è essenzialmente di natura spirituale. Alla Madre del Redentore, a Colei che più di ogni altra creatura collabora alla storia salvifica, non possiamo chiedere cose di poco valore. Possiamo e dobbiamo chiedere quello che ci sta a cuore, più di ogni altra cosa, quello che conta di più agli occhi di un credente, quello di cui non possiamo e non vogliamo fare a meno.
Non chiediamo a Maria di star bene o di non farci incontrare alcuna difficoltà, non le chiediamo di liberarci dalle persone fastidiose e insopportabili. Insomma, non avanziamo alcuna pretesa, non presentiamo la lista dei desideri, anche quelli legittimi, non Le chiediamo di riempire la giornata di cose piacevoli.
Una sola cosa chiediamo: condurci a Gesù. Evidentemente, anche se non è detto espressamente, per raggiungere questo obiettivo siamo pronti a perdere tutto il resto.
Nelle parole della preghiera risuona il desiderio ardente di Dio che il salmista esprime così: “Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita” (Sal 27, 4).
Essere condotti a Gesù è una tappa importante e decisiva della nostra vita. Ma non è ancora sufficiente. Dobbiamo chiedere a Maria di farci scoprire sempre meglio che suo Figlio è nostro Re e Signore, l’unico Re al quale dobbiamo obbedienza incondizionata. Non sono parole superflue. In ogni tempo corriamo il rischio di fare compromessi e di accendere le nostre candele ai piedi di altri altari.
Diventare discepoli
Maria vive un’esperienza davvero singolare che solo un grande poeta come Dante poteva racchiudere in una formula assai efficace: “Vergine Madre, figlia del tuo figlio” (Paradiso, canto XXXIII).
Maria è Madre di Gesù ma nello stesso tempo è sua discepola. Lei che ha generato il Figlio nella carne, viene a sua volta generata da Lui nello Spirito. In quanto Madre ci ha donato il Figlio, in quanto figlia ci insegna ad essere discepoli del Verbo.
San Luigi Grignion de Monfort scrive che lo Spirito Santo “più trova Maria in un anima, più diviene operante e potente per formare Gesù Cristo in quest’anima e quest’anima in Gesù Cristo” (Trattato della vera devozione, 20).
Colei ha generato nella carne il Figlio di Dio, collabora attivamente per fare di ogni uomo un’immagine viva di Gesù. È questo il suo più ardente desiderio. Quando siamo stati battezzati abbiamo ricevuto la straordinaria dignità di figli (Gv 1, 12). Per essere fedeli a questa grazia, ogni giorno chiediamo alla Madre di farci vivere da figli, ad immagine del suo Figlio.
Silvio Longobardi