È un sabato soleggiato di fine agosto. Dal cancello chiuso si scorge il verdeggiante giardino della casa provinciale delle Suore Battistine, in via del Casale di San Pio V a Roma. Un’altra macchina si ferma all’ingresso dietro la mia: è quella di suor Maria Dulcis. Sulla fronte sono evidenti i segni della malattia che l’ha colpita il 12 luglio del 2009. Un doppio aneurisma cerebrale ha costretto la religiosa a fare i conti serrati con la morte e ha cambiato il corso della storia della Congregazione delle Suore di San Giovanni Battista.
La sua guarigione, chiesta ad una sola voce al fondatore, è inspiegabile per la medicina e ha spianato la strada alla canonizzazione del beato Alfonso Maria Fusco.
Classe 1943, suor Maria Dulcis, al secolo Assunta Miniello, è di Ripalimosoni, in provincia di Campobasso. La sua mamma aveva un desiderio forte: voleva un figlio sacerdote o religioso. Lo chiedeva ogni giorno al Signore mentre si occupava della casa e dei suoi otto bambini recitando le 15 poste di Rosario.
A volte condivideva la preghiera con suor Andreina, una religiosa battistina. «Perché preghi con la mia mamma?», chiedeva la piccola Assunta. «Lei ha tanto da fare: mentre stira, io reggo la corona del Rosario», rispondeva sorridendo la suora.
Non perde il sorriso e la serenità mamma Maria Antonietta neppure quando è chiamata a vivere l’ora della croce, a causa di un tumore all’occhio. Assunta ha appena 10 anni quando la giovane mamma ritorna in Cielo.
Intatto il ricordo delle sue premure: «Grazie alle sue preghiere, la mia famiglia è rimasta unita», racconta. La vocazione. «Vuoi farti suora?» le chiede un giorno suor Andreina che aveva colto in lei l’attrazione per la preghiera. «Allora ti porto a Roma con me», aggiunge. «O Roma, o un’altra città va bene», risponde decisa la bambina.
Il germoglio della vocazione aveva gettato radici nel suo cuore. Aveva 12 anni. Studia nell’Istituto battistino. Prima le scuole medie e poi il diploma magistrale. Dopo la Professione inizia ad insegnare. Un anno nella scuola di via del Casale di San Pio V a Roma, 5 anni a Firenze, poi a Napoli, dove si occupa anche di bambine orfane o con gravi disagi familiari. Le chiama “orfane di genitori vivi”.
In seguito è eletta Superiora della casa che la Congregazione ha ad Acilia. Si iscrive alla facoltà di Pedagogia all’Università di Salerno e nel 1972 si laurea. In quello stesso anno c’è il Capitolo Generale e suor Maria Dulcis è eletta Economa generale, compito che svolge con dovizia e precisione per 18 anni, fino al 1990, anno in cui le viene affidata la direzione della clinica Villa Benedetta a Roma.
Qui vive la sua vocazione per 19 anni, fino al 12 luglio del 2009, il giorno che fa da spartiacque nella sua vita e nel processo di canonizzazione del beato Alfonso Maria Fusco.
“Un altro santo è entrato in Paradiso”. 99 anni prima, la sera del 6 febbraio 1910, poggiando dolcemente il capo sulla spalla destra, don Alfonso Maria Fusco muore serenamente.
Dopo aver celebrato i funerali, non è possibile trasportare la salma al cimitero: la gente reclama quel corpo benedetto. Don Alfonso rimane un giorno e una notte nella navata principale della Collegiata di San Giovanni Battista.
“Un altro santo è entrato in Paradiso”, dicono. Ventinove anni dopo, nel 1939, nella diocesi di Nocera Inferiore-Sarno si apre la causa di beatificazione. Padre Antonio Ricciardi, il primo postulatore, ricostruisce con precisione la vita del sacerdote.
Il 12 febbraio 1976 Paolo VI riconosce le virtù eroiche del Servo di Dio. Il primo passo è compiuto.
Si continua a pregare perché quel dialogo fecondo tra Cielo e terra porti frutto.
Il primo miracolo. Gershom è un bambino di 4 anni, sano e vivace, che vive a Murnbwa, nella Repubblica dello Zambia, un Stato dell’Africa centro-meridionale.
Il 18 gennaio del 1994 ha la febbre alta e le convulsioni. La mamma e il papà lo portano subito all’ambulatorio situato nel campo Canfinsa. Viene diagnosticata una malaria e l’infermiera che si occupa della struttura gli fa un’iniezione di clorochina. Il miglioramento è solo momentaneo. Le sue condizioni peggiorano e il piccolo è trasferito nell’ospedale centrale di Kitwe, prima nel reparto dei poveri e dopo tre giorni – poiché si teme per la sua vita – nel reparto pediatrico Machili, ala a pagamento della struttura.
Le sue condizioni sono molto serie: ha una malaria cerebrale, una delle complicazioni più gravi di questa malattia, e crisi epilettiche. Le terapie non producono effetto e il piccolo continua a peggiorare. Il 2 febbraio i medici comunicano alla mamma che il bambino non supererà la notte.
Le strade della Provvidenza sono piene di incroci. Quel giorno, suor Livia Caserio, responsabile della Casa del fanciullo “San Martino”, va in ospedale a visitare un bambino orfano che è ricoverato nello stesso reparto del piccolo Gershom. La religiosa comprende la gravità della situazione e cerca di consolare la mamma. Le torna in mente che la sua comunità sta per iniziare il triduo di preghiera per l’88esimo anniversario della morte del loro fondatore. Corre a casa, prende un’immagine del Servo di Dio e la porta alla mamma di Gershom chiedendole con fervore di affidarsi ad Alfonso Maria Fusco. Martina rimane sorpresa, appartiene alla Chiesa Avventista del Settimo giorno e non se la sente di invocare l’uomo dell’immaginetta. Ma è disperata, il suo bambino sta per morire e così recita la preghiera, la prima volta insieme a suor Livia e a sua mamma, poi, verso mezzanotte, di nuovo con la mamma.
Quante paure attraversano il suo cuore in quella notte terribile e infinita. Sorge l’alba. Alle 6.00 del mattino, improvvisamente, Gershmon muove le gambe e poi anche le mani.
Apre gli occhi e chiama “mamma”. È guarito. La scienza tace. Non ha parole per spiegare quello che è accaduto. È il miracolo atteso da 18 anni che apre le porte alla beatificazione ad Alfonso Maria Fusco.
Il 7 ottobre del 2001 Giovanni Paolo II lo indica al mondo come educatore attento e premuroso.
Il cammino verso la canonizzazione. A seguire la causa di canonizzazione – fino al compimento dell’ottantesimo anno di età – è madre Maddalena Vicidomini. La religiosa è stata Superiora generale della Congregazione. Il testimone è poi passato a suor Maria Dulcis Miniello che intanto seguiva la gestione di “Villa Benedetta”.
Vi sono date che restano scolpite nella memoria e segnano la storia personale, comunitaria e della Chiesa.
A Villa Benedetta bisognava rifare l’impianto elettrico degli studi, per adeguarlo alla normativa vigente. L’11 luglio, suor Maria Dulcis libera le stanze insieme agli operai e porta l’arredamento al primo piano della struttura. «Quella sera – ricorda – ero davvero molto stanca». Il giorno seguente, 12 luglio, è domenica e lei ha promesso a sua sorella Miriam, anche lei suora battistina e affetta da morbo di Parkinson, di accompagnarla in piazza San Pietro. Ma gli eventi prendono un’altra piega, imprevedibile e dolorosa.
Quella mattina suor Miriam trova sua sorella a terra nel bagno. «Lì è cominciata la tragedia della mia malattia», racconta.
I medici di Villa Bendetta le prestano le prime cure, ma decidono subito di trasferirla all’ospedale San Camillo. Le sue condizioni sono gravi. Chiamano il dottor Delitalia, chirurgo neurologo che è in ferie e gli chiedono di rientrare con urgenza. «Si metta in auto, ogni tre ore le comunico le condizioni della paziente». A parlare è il professor Orsetti, medico anestesista che lavora anche a Villa Benedetta.
Quattro Tac e una risonanza magnetica consentono di arrivare a una diagnosi: suor Maria Dulcis è stata colpita da un doppio aneurisma cerebrale. La prognosi è infausta. Una terribile emorragia lascia aperta una sola strada: per salvarle la vita è necessario un intervento chirurgico di craniotomia.
Il 13 luglio del 2009, alle 6.30 del mattino, la religiosa è in sala operatoria. La situazione è disperata, l’equipe medica ed infermieristica si chiede se valga la pena continuare. «Lavoriamo per la sopravvivenza», chiarisce il chirurgo. Sono tutti consapevoli che vi saranno danni fisici e psichici, ma si continua ad operare. 13 ore di intervento per la parte destra del cranio, altre 7 per la parte sinistra.
Sulle tempie di suor Maria Dulcis sono visibili i segni del difficilissimo intervento chirurgico.
«Io non ricordo nulla di quello che è accaduto dal 12 luglio fino al 25 ottobre – confessa –. Riporto quello che mi hanno raccontato i miei familiari, le mie consorelle e quanto ho appreso dalle cartelle cliniche». Rimane in coma per due mesi e mezzo. Ricorda suor Lina Pantano, responsabile della Provincia Italiana della Congregazione: «A letto la tenevano legata perché tirava i fili e non se ne rendeva conto».
Il 24 agosto del 2009 è trasferita al centro di riabilitazione motoria e funzionale Villa Sandra. Vi rimane solo per 48 ore perché è colpita da una febbre altissima e viene riportata al San Camillo dove rimane fino al 16 settembre, giorno in cui è dimessa e trasferita all’Ospedale San Giovanni Battista per continuare la terapia riabilitativa. Vi arriva in condizioni neuropsicologiche fortemente alterate.
Nessun medico spera che suor Maria Dulcis possa camminare di nuovo senza aiuto e ritornare a parlare correttamente. Le suore e i parenti che vengono tutte le settimane da Campobasso non la lasciano mai sola.
La guarigione inspiegabile. Racconta suor Lina: «Quando andavamo a trovarla, le chiedevamo una cosa e lei ne rispondeva un’altra». Questo fino a domenica 25 ottobre quando accade qualcosa di sorprendente. Quella mattina le suore e i fratelli portano suor Maria Dulcis a Messa con la sedia a rotelle. Durante la celebrazione eucaristica, di colpo, la religiosa si gira, sente la voce del fratello e lo riconosce. Si volta ancora e riconosce le suore. Tutti scoppiano a piangere, ma lei non ne comprende il motivo. Per tre mesi non ha vissuto. Rinasce a vita nuova quel giorno, nella cappella all’Ospedale San Giovanni Battista.
«È rimasta ancora un po’ di tempo in ospedale per ulteriori controlli – aggiunge suor Lina – poi è uscita, è stata un altro po’ a riposo ma ormai era guarita». Inspiegabilmente guarita. Anche questa volta la scienza tace.
L’invocazione del fondatore. È la guarigione inspiegabile di una suora battistina ad aprire le porte alla canonizzazione.
«Lo avreste mai immaginato?», domando a suor Lina e a suor Maria Dulcis. Siamo nello studio di suor Lina Pantano. Il sole arriva a fiotti dalle finestre ampie. Suor Maria Dulcis, in silenzio, sistema i fogli e le riviste sul tavolino.
«Suor Maria Dulcis è stata economa generale per 18 anni – spiega suor Lina –, l’anno prima c’era stato il Capitolo Generale, erano venute suore dai 18 Stati in cui la Congregazione è presente. La conoscevano tutti e quando si è sentita male, la notizia è arrivata subito in tutte le nostre case. Abbiamo pregato immediatamente il fondatore, abbiamo fatto delle novene, anche in questa casa ne abbiamo fatta una». Una sola voce si alza verso il Cielo. Anche nella sua famiglia e nella parrocchia di suor Maria Dulcis chiedono la guarigione a Dio per l’intercessione del beato Fusco.
«C’è anche un altro particolare che desidero ricordare – aggiunge la madre provinciale –. Nel 2009 avevamo avuto la preparazione del corpo del fondatore per il centenario, celebrato il 7 febbraio del 2010. Ero l’incaricata e durante l’esumazione del corpo, abbiamo preso un po’ di polvere dalle ossa sbriciolate e gliel’abbiamo portata. La prima volta in un fazzolettino, poi abbiamo comprato una teca e gliela abbiamo lasciata».
Suor Maria Dulcis stringe la preziosa reliquia nelle mani, la tiene sotto il cuscino. «In passato – continua la religiosa – avevano pregato per un’altra suora che aveva un tumore all’intestino. Ci avevano detto di chiamare i genitori. Poi è guarita. Ma i medici l’avevano curata, dunque la guarigione poteva essere frutto delle terapie e non solo di una grazia».
Quando suor Maria Dulcis ritorna in vita le consorelle la guardano con sospetto, faticano a credere che sia veramente guarita. Poste dinanzi alla ripresa definitiva comprendono che è accaduto qualcosa di inspiegabile. E avviano subito la causa per la canonizzazione. Agli atti vi sono anche le mail giunte dalle case della Congregazione nel mondo in cui si dichiara che la comunità sta pregando il fondatore dell’istituto.
I passaggi salienti per il riconoscimento del miracolo. Dalla Congregazione delle cause dei santi fanno sapere che è la prima volta che il miracolato e il postulatore sono la stessa persona. Suor Maria Dulcis si dimette ed è nominato postulatore il dottor Paolo Villotta.
Il 25 febbraio del 2016 la consulta medica della Congregazione delle cause dei santi ha dato parere favorevole sulla guarigione improvvisa, completa, duratura e non spiegabile scientificamente di suor Maria Dulcis.
Dopo il giudizio del congresso dei teologi e dei cardinali e dei vescovi, papa Francesco, ricevendo in udienza il cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle cause dei santi, il 26 aprile 2016 autorizza la promulgazione del decreto che innalza agli altari il beato Alfonso Maria Fusco.
“La Provvidenza provvederà” diceva spesso don Alfonso. E ha provveduto.