Un amore preferenziale per gli ultimi

Solo aprendoci all’altro è possibile costruire una relazione piena e sincera verso un’umanità ferita e vincere l’indifferenza di fronte alle sofferenze dell’uomo. Continua l’approfondimento di Fratelli tutti.

L’uomo con il suo “pragmatismo senza anima” sostituisce al nichilismo passivo, la totale rassegnazione di fronte alla realtà della vita e alla sua vuotezza di scopi, un nichilismo attivo che scandisce un accrescimento dello spirito personale: l’uomo libero dalle catene e dai falsi valori etici e sociali, capace di costruire un’esistenza pregna di vita e senso in ogni singolo istante della sua vita, che si fonde con essa senza alcuna vergogna, né della propria natura corporea né dei propri istinti e bisogni, un’esistenza piena, in cui “Io Voglio” diventa il cavallo di battaglia delle proprie giornate, l’Übermensch, un essere senza radici, senza vincoli, libero cittadino del mondo in cerca solo di se stesso, perché la verità, in questa vita, non è più qualcosa da riconoscere ma da creare. 

Nietzsche afferma: “Che cos’è la scimmia per l’uomo? Qualcosa che fa ridere, oppure che suscita un doloroso senso di vergogna. La stessa cosa sarà dunque l’uomo per il superuomo: un motivo di riso o di dolorosa vergogna”. 

Riscoprire la dimensione dell’Infinito ci riporta alla fonte del senso, la società risveglia la percezione profonda del valore dell’esistenza, la quale, seppur limitata, è radicata nella coscienza di un’apertura all’altro che è all’origine dell’umanità, “Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò” (Gn 1, 27). 

Quest’anelito di speranza che attraversa tutta la vita e la storia, questa tensione a salvare l’uomo, trova conferma nelle parole di Dostoevskij: “Non passione ci vuole, ma compassione, capacità cioè di estrarre dall’altro la radice prima del suo dolore e di farla propria senza esitazione”.  In questo modo si rende possibile una piena e sincera relazione verso un’umanità ferita, si rafforza la volontà per lottare affinché il male dell’altro non sia solo un suo problema, ma anche una responsabilità personale e comunitaria per vincere l’indifferenza di fronte alle sofferenze degli sventurati. 

«Questa carità, cuore dello spirito della politica, è sempre un amore preferenziale per gli ultimi, che sta dietro ogni azione compiuta in loro favore. Solo con uno sguardo il cui orizzonte sia trasformato dalla carità, che lo porta a cogliere la dignità dell’altro, i poveri sono riconosciuti e apprezzati nella loro immensa dignità, rispettati nel loro stile proprio e nella loro cultura, e pertanto veramente integrati nella società. Tale sguardo è il nucleo dell’autentico spirito della politica. A partire da lì, le vie che si aprono sono diverse da quelle di un pragmatismo senz’anima. Per esempio, «non si può affrontare lo scandalo della povertà promuovendo strategie di contenimento che unicamente tranquillizzano e trasformano i poveri in esseri addomesticati e inoffensivi. Che triste vedere che, dietro a presunte opere altruistiche, si riduce l’altro alla passività». Quello che occorre è che ci siano diversi canali di espressione e di partecipazione sociale. L’educazione è al servizio di questo cammino, affinché ogni essere umano possa diventare artefice del proprio destino. Qui mostra il suo valore il principio di sussidiarietà, inseparabile dal principio di solidarietà» (FT 187). 

di padre Giovanni Caruso

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