Buon Natale e felice anno nuovo! Anche a te e famiglia. Un messaggio Whatsapp e il dente è tolto. Sono questi i giorni degli auguri pro forma e senza forma, i giorni dei messaggi uguali inviati a tutti i contatti in rubrica, dei pensieri senza sentimento, dei “cari” buttati un po’ a caso, delle immagini con le scritte simpatiche inoltrate all’intero universo.
La sciatteria verbale ha però un pregio: è sincera. Pur inviando un messaggio di augurio si dice, in maniera chiara, che l’altro, il destinatario del nostro “moto dell’anima”, non ci sta a cuore. È uno come un altro, un numero, uno che non merita neanche un minuto in più del nostro tempo.
Eppure quel Bambino che nasce a Betlemme – la vera ragione degli auguri! – non invia messaggi generici a masse informi di persone, ma parla a ciascuno con parole diverse. Ci conosce per nome e ai suoi occhi siamo tutti preziosi tanto che s’è preso la briga di venire a vivere tra noi per donarci un orizzonte di felicità eterna. Se quel Bambino, che è Dio, “perde tempo” con noi perché noi non dovremmo farlo con chi ci cammina accanto? Sia dunque un buon Natale e sia sereno e felice l’anno nuovo, ma non ci fermiamo al punto esclamativo degli auguri o al clic che inoltra messaggi.
Segua un “come stai?”. Questa sì una bella domanda, ancora più importante oggi nel secondo anno di una pandemia che sta lasciando rovine e divisioni profonde. Non ne usciamo da soli: papa Francesco lo ha detto in più di un’occasione.
Come stai? Non è un tempo facile. Nel 2020, i dati forniti dalla Caritas italiana nel Dossier povertà 2021, segnano un aumento del 44% delle persone che per la prima volta chiedono aiuto all’organismo della carità, soprattutto per beni alimentari. Quel dato aumenta al 57% per la nostra Campania. I numeri sono utili a descrivere la situazione, ma dietro quelle cifre ci sono persone, famiglie intere e, nell’identikit più comune del richiedente aiuto, sono i genitori con almeno due figli minorenni a carico (confidiamo nell’assegno unico per i figli, che nel 2022 entra a regime e sembra un buon punto di partenza).
Uno che non faceva auguri banali era il vescovo e servo di Dio don Tonino Bello. Nei suoi auguri per il Natale 1992 (morirà il 20 aprile successivo) scrisse tra l’altro: «Carissimi, non obbedirei al mio dovere di vescovo se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo. Io, invece, vi voglio infastidire. Non sopporto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario. Mi lusinga addirittura l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati. Tanti auguri scomodi, allora, miei cari fratelli! Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali e vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio».
Giuseppe Pecorelli