Le due Italie. Nemmeno vent’anni di leghismo secessionista sono riusciti a raggiungere tale obiettivo, che si sta realizzando ormai “automaticamente”.
C’è un’Italia con il Pil da record europeo, con tassi di disoccupazione minimi (anzi, in molti territori si lamenta la mancanza di decine di migliaia di figure professionali da impiegare), con una demografia sì in declino, ma non così vistoso come nell’altra Italia. Dove il lavoro non c’è, la ripresa latita, i giovani se ne vanno in cerca di prospettive e quelli che rimangono, fanno pochissimi figli.
Forse non c’è nemmeno bisogno di specificare quali siano le due Italie e dove corra l’immaginaria linea di confine. Che non è poi così netta: esistono enclave nel Mezzogiorno dove non manca dinamismo sociale né economico.
Ma nel frattempo le zone interne si stanno spopolando a ritmi impressionanti: dalla Calabria, dal Molise, dalla Sardegna, dall’entroterra siciliano, da tutto l’Appennino si scappa via, rimangono solo gli anziani. Il patrimonio immobiliare sta impoverendosi di mese in mese, le case si chiudono, forse per sempre.
Non è un problema di oggi: è da decenni che il Sud si sta spopolando. Si è provato a realizzare grandi stabilimenti industriali senza alcuna logica, e infatti non ne sopravvive nemmeno uno: è rimasta l’acciaieria a Taranto, in condizioni comatose. Si sono create “zone speciali” per favorire gli insediamenti industriali, collegati al nulla, abbandonati a sé stessi.
Sono stati erogati miliardi di euro a pioggia senza che questi facessero germinare alcuna piantina; si è ingolfata una pubblica amministrazione elefantiaca e sterile; si è giocata – confusamente – la carta-turismo, certamente non favorita da collegamenti e infrastrutture sempre zoppicanti.
Per carità: i mass media esaltano la nascita di una condizione agro-pastorale (l’agriturismo, i vigneti, le coltivazioni tropicali trapiantate, la mozzarella…) tanto pregevole quanto povera di conseguenze lavorative. Messe tutti assieme, tale bucolica prospettiva non crea occasioni di lavoro quanto le fabbriche della sola Valtrompia bresciana.
La svolta può incredibilmente fornirla il mondo digitale, laddove non servono fabbriche, collegamenti, localizzazioni particolari perché lo strumento di lavoro è il computer. Basterà, basterebbe una rete 5G estesa capillarmente per parificare Cinisello Balsamo a Caltagirone, laddove in quest’ultima località il clima è migliore così come il costo della vita.
Non basta? No. Comunque serviranno più alta velocità, aeroporti e traghetti, valorizzazione dell’ambiente e soprattutto buongoverno. I soldi del Pnrr possono essere la svolta, o l’ennesima occasione mancata. Questa volta, sarebbe fatale.
Nicola Salvagnin