Non è esercizio facile scrivere di quanto sta accadendo in Ucraina, con la situazione in continua evoluzione e senza ricorrere ai luoghi comuni o alla retorica.
C’è un elemento, però, su cui vale la pena rivolgere l’attenzione per le conseguenze possibili che può avere anche sul nostro territorio a medio o lungo termine.
L’invasione delle truppe russe in Ucraina ha avuto come conseguenza il ritorno di quell’unità di intenti fra i Paesi dell’Unione europea che negli ultimi anni si era affievolita a tal punto da far temere la conclusione irreversibile del percorso avviato al termine del secondo conflitto mondiale da Schuman, Adenauer, De Gasperi.
Pur con gli inevitabili distinguo, gli Stati dell’Unione hanno saputo ritrovare una coesione nella risposta alle minacce di Mosca ma anche nell’accoglienza delle decine di migliaia di profughi che in queste ore stanno fuggendo dalle città bombardate. Un dato non scontato, soprattutto quando tale atteggiamento di apertura viene da Stati che negli ultimi anni si sono fatti promotori del ritorno dei muri e del filo spinato per bloccare il transito ai disperati che giungevano nei loro territori in fuga dalla fame, dalle violenze, dalle guerre.
La ritrovata unità europea diviene particolarmente importante nel momento in cui quanto sta accadendo in Ucraina rischia di aprire un nuovo fronte di guerra facendo deflagrare, in una reazione a catena, le situazioni di incertezza esistenti nei Balcani occidentali. In tal senso osservati speciali sono alcuni Stati dell’ex Yugoslavia, dove stanno riemergendo drammaticamente le tensioni accumulate negli ultimi anni senza che le diplomazie riuscissero (o volessero) trovare una soluzione.
In Bosnia – Erzegovina – in particolare – le spinte radicaliste e secessioniste rischiano di portare alla dichiarazione di indipendenza della Repubblica Srpska affossando definitivamente gli accordi di Dayton del 1995 con conseguenze facilmente immaginabili la cui tragica portata si estenderebbe velocemente al Kosovo coinvolgendo la Serbia ed altri Stati vicini.
L’Unione europea, dopo il problematico allargamento a 27, si è dimenticata per troppo tempo dell’area balcanica, lasciandone il controllo a Mosca e Washington e favorendo in questo modo il ri-prosperare dei nazionalismi.
Oggi è il momento che Bruxelles e le Cancellerie occidentali ritrovino unità di intenti per porre finalmente, soluzione a quelle tensioni che, nel breve o medio termine, rischiano di portare la guerra ancora più vicina ai nostri confini.
Mauro Ungaro