«L’accoglienza è una caratteristica della nostra famiglia, sarà perché siamo cinque figli e quindi siamo abituati da sempre a condividere. Lo facciamo con tutto il cuore e ad ogni latitudine e longitudine della terra».
È il credo di Salvatore Guerriero, medico anestesista, che insieme alla moglie Marina ha deciso di aprire la propria casa di Nocera Inferiore ad una famiglia ucraina. Sanno bene cosa sia la solidarietà, da diversi anni la famiglia è impegnata anche negli aiuti ai poveri del Burkina Faso.
Una scelta condivisa anche con la madre Dora, arzilla 90enne che vive con loro. Il ponte con l’Ucraina è stata proprio la signora: «Alina, la badante di mia mamma, è con noi da tanti anni, la riteniamo una persona di famiglia. Ci ha detto che la figlia e la nuora erano scappate da Ternopil insieme ai tre nipoti, cercavano aiuto. Ci siamo immediatamente offerti di ospitarli».
Quando sono arrivati a Nocera Inferiore per due giorni «ci siamo serviti della squisita accoglienza dell’hotel Santa Chiara», ha spiegato il medico, «il tempo di una breve quarantena prima dei tamponi». Una prudenza per proteggere nonna Dora dal rischio Covid-19. Non appena l’esito è stato negativo la figlia e la nuora di Alina insieme ai bambini di 6, 4 anni e 11 mesi sono arrivati a casa.
«I bambini sono molto vivaci, ma mia madre ha 11 nipoti e 7 pronipoti, è abituata a stare in mezzo a loro. I nuovi arrivati la chiamano nonna». Con la più piccola, Sofia, si è creata subito una sintonia: «Due donne, l’una al tramonto e l’altra all’alba della vita, che finiscono per incontrarsi a causa di questo disastroso conflitto bellico. Entrambe hanno conosciuto il rumore delle bombe, mia madre quelle delle Seconda guerra mondiale, Sofia quelle del conflitto russo-ucraino». Il figlio e il genero di Alina sono rimasti in Ucraina, a difendere la patria. Uno è agricoltore e un altro informatore farmaceutico.
Salvatore e Marina ogni mattina portano i bambini a scuola, «Li ha accolti la carissima Teresa Staiano presso la scuola materna del II istituto comprensivo. Hanno organizzato un dolce ambientamento, ma i piccoli non hanno problemi, sono molto socievoli». Le due donne stanno anche cercando un lavoro per mettere qualcosa da parte utile per quando ritorneranno in Ucraina, lì bisognerà ricostruire tutto: «Sono convinti di tornare nel loro Paese già nelle prossime settimane».
Ad una settimana dal loro arrivo, casa Guerriero ha accolto una grande rimpatriata: «Abbiamo organizzato un pranzo con la famiglia di Anna, la nostra collaboratrice domestica, pure lei ucraina che ha accolto la figlia con i due nipoti, una ragazza 19enne e un ragazzo di 11 anni. Due giovani molto integrati, con una cultura filo occidentale. Per l’occasione – aggiungono Salvatore e Marina – è tornato anche nostro figlio da Roma, che la domenica ha portato la ragazza più grande a fare un giro a Salerno con gli amici, per un primo approccio di normalità».
Abituato a viaggi missionari, il dottore Guerriero traccia anche un parallelo tra l’esperienza burkinabè e quella ucraina: «Negli occhi dei bambini del Burkina trovo malinconia e rassegnazione. Nascono in un contesto durissimo, non gli è risparmiato nulla. Vedono e vivono tutto, dalla nascita di un fratellino alla morte di un familiare. Negli occhi dei bambini ucraini c’è, invece, una paura manifestata in modo indiretto, nei loro disegni si evince il terrore e il trauma del distacco dal loro ambiente, dai papà, dal loro quotidiano».
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