La rivoluzione della gentilezza

«La gentilezza è una liberazione dalla crudeltà che a volte penetra le relazioni umane, dall’ansietà che non ci lascia pensare agli altri, dall’urgenza distratta che ignora che anche gli altri hanno diritto a essere felici». Continua l’approfondimento dell’enciclica Fratelli tutti

Il dialogo autentico si costruisce quando ci si rende mediatori per unire e non dividere, per costruire e non distruggere. All’ospite bisogna spalancare la porta di casa e dargli la possibilità di riconoscerlo nella sua identità, soprattutto in quelle imperfezioni o diversità che non sempre vogliamo accogliere e condividere.

Dobbiamo rivedere le logiche di emarginazione, esclusione per propri interessi, “questo implica la capacità abituale di riconoscere all’altro il diritto di essere sé stesso e di essere diverso. A partire da tale riconoscimento fattosi cultura, si rende possibile dar vita ad un patto sociale. Senza questo riconoscimento emergono modi sottili di far sì che l’altro perda ogni significato, che diventi irrilevante, che non gli si riconosca alcun valore nella società. Dietro al rifiuto di certe forme visibili di violenza, spesso si nasconde un’altra violenza più subdola: quella di coloro che disprezzano il diverso, soprattutto quando le sue rivendicazioni danneggiano in qualche modo i loro interessi” (FT 218). 

Le cause dei rapporti conflittuali e la diffidenza, che ha privato l’uomo contemporaneo della mutua collaborazione e condivisione, sono forse da individuare nel potere di possesso cui ha fatto seguito un’ostentazione che ha indotto a covare sentimenti di aggressività, che si manifestano in forme sistematiche di prevaricazione dei più forti sui più deboli.

Questi pungiglioni di prepotenza emergono da un contesto di fondo d’intolleranza nei confronti delle minoranze e di chi la pensa diversamente, in modalità di discussione in cui nessuno ascolta ciò che dicono gli altri e cerca soltanto di imporre le proprie idee o la propria versione dei fatti.

Questi modelli di comportamento sono diventati la regola nelle dinamiche interne ai contesti sociali e l’effetto diseducativo che ne deriva è devastante. 

Per recuperare un’umanità decaduta bisogna riconquistare il valore della tolleranza, della solidarietà, il prendersi cura dei più deboli, rifiutare ogni forma di indifferenza.

Il filosofo Marco Aurelio disse: la gentilezza è la delizia più grande dell’umanità.

La gentilezza. Chi sceglie di essere gentile si differenzia da chi è interessato a mostrarsi gentile, perché sa accogliere le persone senza giudicarle, amarle prima di conoscerle, vedere lo loro umanità prima di vedere i loro errori, saper riconoscere i lori timori, intravedere le loro speranze, comprendere le loro debolezze.

La gentilezza è una liberazione dalla crudeltà che a volte penetra le relazioni umane, dall’ansietà che non ci lascia pensare agli altri, dall’urgenza distratta che ignora che anche gli altri hanno diritto a essere felici – scrive il Papa in Fratelli tutti –. Oggi raramente si trovano tempo ed energie disponibili per soffermarsi a trattare bene gli altri, a dire “permesso”, “scusa”, “grazie”. Eppure ogni tanto si presenta il miracolo di una persona gentile, che mette da parte le sue preoccupazioni e le sue urgenze per prestare attenzione, per regalare un sorriso, per dire una parola di stimolo, per rendere possibile uno spazio di ascolto in mezzo a tanta indifferenza”. 

padre Giovanni Caruso

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