Un milione di firme. Di tanto sono cresciuti i consensi verso lo Stato; altrettanto sono diminuiti quelli alla Chiesa cattolica. Lo dicono gli ultimi dati messi a disposizione dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, relativi alle dichiarazioni del 2020 (su redditi 2019). Dichiarazioni compilate, dunque, nel pieno della prima ondata pandemica.
Sono sempre una larghissima maggioranza le preferenze raccolte dalla Chiesa cattolica (oltre 12 milioni di firme, più del 70% di quelle espresse). Però il segnale non può essere trascurato, perché si tratta del più forte calo di consensi mai registrato da quando c’è l’8xmille.
Ne parliamo con Massimo Monzio Compagnoni, responsabile del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica.
Questo calo di consensi la preoccupa?
«Non parlerei di preoccupazione, visto il contesto in cui questi numeri sono maturati. Sono però dei dati che ci devono indurre ad una seria riflessione. Da quando, poco più di 30 anni fa, il sistema dell’8xmille è andato a regime, si è gradualmente consolidata una sorta di sottintesa certezza che nessuno potrà mai intaccare il patrimonio di firme destinate alla Chiesa cattolica».
E, invece, non è così?
«Non proprio. Guardando agli anni passati e all’attuale gestione delle risorse che i contribuenti hanno scelto di destinare alla Chiesa, posso dire senza timore di essere smentito che ne è sempre stato fatto un buon uso. Scrupoloso, accuratamente rendicontato, e che ha prodotto risultati straordinari in termini di servizio ai poveri, manutenzione dei beni culturali della Chiesa, sostegno all’azione pastorale. È giunto il momento, però, di fare un passo avanti ulteriore».
A cosa si riferisce?
«Prendo in prestito le parole del cardinale Attilio Nicora, scomparso nel 2017 a 80 anni, che per vent’anni ha offerto un contributo fondamentale al cammino del Sovvenire nella Chiesa italiana. Diceva: “La verifica dell’autenticità di uno spirito di comunione e di corresponsabilità è la disponibilità che uno ha di mettersi a tal punto dentro, da mettere insieme anche la questione delle risorse, dei mezzi economici, delle necessità che la Chiesa ha di sostenersi per vivere e per esercitare la propria missione”. Ecco la domanda che dobbiamo farci: fino a che punto siamo dentro, nel cammino della nostra Chiesa? Fino a che punto la sentiamo veramente nostra?».
Quindi ritiene che serva una maggiore consapevolezza?
«Esattamente. In ogni diocesi, in ogni parrocchia, in ogni famiglia di cattolici bisogna ritrovare lo slancio che ci fa dire: “la mia firma è fondamentale, perché le necessità della Chiesa riguardano anche me”. L’8xmille non costa nulla a chi firma, ma non può mai essere dato per scontato. Noi per primi, che dalla CEI ne coordiniamo la comunicazione e la promozione, dobbiamo essere ancora più bravi nel ricordare agli italiani quanto sia importante il contributo di ciascuno. Ma è soprattutto dal basso che deve partire questo cambio di passo. In ogni casa, in ogni parrocchia, in ogni diocesi. Le firme che oggi ci sono potrebbero un domani non esserci più, se non ci impegniamo davvero a farle crescere e a sostenerle. La pandemia ce lo ha ricordato con provvidenziale forza».