Esiste una didattica della guerra? Una didattica che aiuti a rispondere a queste domande: perché l’uomo combatte e uccide? Qual è stata la funzione della guerra nella storia antica? E qual è stato il suo significato nel 900? Sono possibili le guerre nelle moderne democrazie?
In queste settimane nelle quali si compie l’ennesimo scempio contro l’umanità sono stati riproposti alcuni studi sull’argomento per cercare di comprendere il senso di quanto accade alle porte dell’Europa. Uno su tutti offre spunti fecondi alla riflessione: il famoso carteggio “Perché la guerra?” tra Sigmund Freud e Albert Einstein, nato da un’iniziativa della Società delle Nazioni che, nel 1932, propose un dibattito epistolare su temi di interesse generale tra le grandi personalità del tempo.
La dissertazione si snoda su più punti. La guerra come risposta al soddisfacimento dei bisogni primari che genera conflitti per le risorse – dall’acqua al cibo, dal territorio alle donne – e, quindi, la necessità di acquisire status e potere per garantirsi le risorse stesse ma anche la guerra come sete di predominio delle classi dominanti. Si affronta il rapporto tra diritto e violenza e si prospetta la possibilità concreta che l’unione dei più deboli contro lo strapotere del più forte possa ristabilire un ordine sociale.
Ma particolarmente illuminante è la conclusione affidata a Sigmund Freud: «Se la propensione alla guerra è un prodotto della pulsione distruttiva, contro di essa è ovvio ricorrere all’antagonista di questa pulsione: l’Eros. Tutto ciò che fa sorgere legami emotivi tra gli uomini deve agire contro la guerra».