La fiducia è al centro del Discorso alla Città pronunciato questa sera dal vescovo Giuseppe Giudice nella Cattedrale di San Prisco a Nocera Inferiore.
«Questo momento, tanto semplice e significativo, da me fortemente voluto e desiderato, scandisce ormai da undici anni il dialogo e il magistero vivo del Vescovo con la Città» ha detto. L’iniziativa apre il novenario in preparazione alla festa di San Prisco.
Il pastore, alla guida della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno dal 2011, ha continuato a tessere per l’undicesimo anno il legame con le istituzioni ricordando che il perimetro della fiducia è più ampio di quello della fede. Fidarsi, affidarsi, confidarsi è esercizio di intreccio tra libertà e responsabilità, atto maturo, che diffida da tutto ciò che è mistificazione o inganno e mette in conto anche delusioni e sofferenze.
«Dando e ricevendo fiducia si cresce come persone mature, capaci di attraversare le diverse stagioni della vita, le diverse ore del giorno, e permette di non arenarsi nei gorghi delle ombre e nella notte» ha spiegato alle autorità civili e militari presenti, ai presbiteri, ai religiosi e ai laici.
A guidare la riflessione il Vangelo di Matteo e la vita di alcuni testimoni dell’Agro. Le lettura del brano tratto dal capitolo 6 di Matteo – Guardate gli uccelli del cielo, osservate come crescono i gigli del campo – si è intrecciata con l’esperienza umana di sei testimoni di fiducia della terra dell’Agro: sant’Alfonso Maria de Liguori, sant’Alfonso Maria Fusco, il beato Tommaso Maria Fusco, la venerabile madre Maria Consiglia Addatis e i due servi di Dio Enrico Smaldone e Alfonso Russo.
Vangeli viventi, così li ha definiti mons. Giudice, a cui è possibile attingere fiducia e speranza: «Questi uomini e donne toccati da Dio sono testimoni per tutte le stagioni, perché immettono nella Città degli uomini schegge dell’eterno e ci ricordano le cose essenziali che non tramontano» ha spiegato. Sono stati capaci di sognare in grande e non hanno confuso la perla con il coccio di bottiglia.
Non è mancato, infine, un riferimento alla letteratura, con un testo tratto dal capitolo XXVI de I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni e la poesiaLa voce di Giovanni Pascoli.
«Come è costruttivo, per chi crede e per chi non crede, attingere a tante belle pagine della nostra letteratura o di altri popoli per trovare le tracce di quelle virtù umane, quei sentimenti, quegli slanci che sono anche semi del Verbo, gettati nei variegati terreni dell’umanità» ha detto il Vescovo prima di congedarsi.
Parole cariche di fiducia e speranza di cui c’è particolarmente bisogno in questo tempo.