Tempo fa l’Europa puntava sulla società della conoscenza, considerandola elemento essenziale per il modello di sviluppo del futuro.
Anche se l’attenzione è scemata a causa delle crisi che si sono succedute: prima l’economia, poi la pandemia, ora la guerra. Innovazioni, nuove tecnologie e cambiamenti epocali chiedono a ognuno di noi l’impegno di apprendere e interpretare la realtà, per orientarci e per esserne protagonisti.
In questo scenario sempre più complesso la scuola ha un compito fondamentale, gettare il seme: non si tratta soltanto di elevare il livello di istruzione, ma fornire a ragazze e ragazzi strumenti per orientarsi nel mondo presente e futuro. Ci sono due segnali che, invece, mostrano la difficoltà che il sistema scolastico affronta in questa sfida.
In primo luogo, c’è un problema di coinvolgimento e di competenze raggiunte nel percorso di studi. Lo dimostra l’abbandono scolastico che non si riesce a sconfiggere.
Anzi i dati ci mostrano che il fenomeno si estende: la dispersione esplicita arrivava al 7,1% tra gli studenti del 2019, mentre tocca il 95% nel 2021. Cresce anche la porzione dei giovani che ottiene un titolo di studi ma non raggiunge le competenze adeguate al livello di istruzione formale conseguito (dispersione implicita).
Questi ragazzi provengono generalmente tra le fasce della popolazione più fragile e hanno meno risorse degli altri. Il sistema scolastico non riesce a sostenerli e accompagnarli in maniera adeguata e finisce per espellerli, mostrando tutti i suoi limiti.
In secondo luogo, la difficoltà di dare fiducia a nuovi metodi di apprendimento.
Un segnale lo incontriamo con il dibattito sull’introduzione della didattica digitale. Prima della sua introduzione forzata e accelerata dovuta al lockdown la digitalizzazione della didattica era considerata la prospettiva del futuro per l’apprendimento. L’applicazione della Dad ha mostrato invece tutti i suoi limiti: improvvisazione da parte dei docenti, scarsa dotazione tecnologica per alcune famiglie e alcune scuole, qualità delle connessioni molto differenti tra territorio e territorio per indicare i principali.
Con questo esperimento involontario sono state dimostrate l’importanza del “gruppo classe” e l’insostituibilità dell’accompagnamento in presenza. Allo stesso tempo rimangono alcune potenzialità del digitale che dovrebbero essere integrate, ma per questo serve un cambio di mentalità: diversificare le modalità comunicative, utilizzare i momenti in presenza per confronti e dialoghi tra docenti e discenti, lavori di gruppo.
Così cambierà l’apprendimento e forse si riuscirà ad avere più attenzione ai singoli, l’unica via per accompagnare i più fragili.
Andrea Casavecchia