Prima premessa: la situazione della scuola italiana è oggi sempre più complessa e deve tenere conto di fattori importanti e anche nuovi, mai come ora capaci di incidere sullo sviluppo delle nuove generazioni.
Basti pensare alle questioni legate alla pandemia e ai suoi effetti sui ragazzi e le ragazze, in particolare nella fascia adolescenziale (la punta dell’iceberg), per rendersi conto di come il mondo scolastico si trovi in mezzo a difficoltà non solo mai viste prima, ma anche straordinariamente intrecciate.
Le debolezze croniche si aggiungono a quelle contingenti e i risultati solo sotto gli occhi di tutti. Anche sotto quelli di “Save the children”, che ha recentemente pubblicato un rapporto definito “drammatico” proprio sulla situazione dei più giovani.
Vogliamo aggiungere problematiche strutturali come quelle legate al corpo docente? Al precariato? Ai concorsi?
Seconda premessa: in questo scenario a tinte fosche sarebbe ingeneroso non riconoscere gli elementi positivi che pure esistono proprio nel mondo della scuola di oggi, a cominciare da una maggiore attenzione della politica e dell’opinione pubblica, con una reale crescita di disponibilità di fondi rispetto al passato. Anche in questo caso la pandemia ha avuto effetto, accendendo riflettori potenti sulle necessità di strutturare meglio le risorse nel sistema Paese, non dimenticando la scuola che è fabbrica del futuro.
Detto questo, torniamo al rapporto di Save the children, presentato dal suo presidente italiano Claudio Tesauro aprendo i lavori di «Impossibile», meeting dedicato a riflessioni e proposte sull’ Infanzia e l’Adolescenza: il “dramma” denunciato dall’Organizzazione non governativa riguarda il 51% dei quindicenni italiani (uno su due) che non è capace di comprendere il significato di un testo scritto. “I più colpiti – ha detto Tesauro – sono gli studenti che appartengono a famiglie più povere, a quelle che vivono al Sud e quelle con background migratorio”.
Dov’è la notizia? Verrebbe da dire.
Tutte le indagini sul mondo scolastico denunciano da tempo squilibri e difficoltà anche gravi. Invalsi ogni anno restituisce un bollettino di guerra. E in effetti il dato di Save the children conferma il già noto, aggiungendo però al tema gravissimo della dispersione scolastica vera e propria – cioè di quegli adolescenti che abbandonano il ciclo di studi e non arrivano al diploma di scuola superiore: gli ultimi dati Eurostat parlano di un 13,1 per cento – quella della “dispersione implicita”, cioè quella che riguarda gli studenti in aula, ma con competenze assolutamente insufficienti.
“Un rischio per la democrazia”, è stato sottolineato. E lo si capisce: un Paese dove i giovani non padroneggiano a sufficienza le competenze elementari, è esposto a pericoli legati all’incapacità di quelle stesse persone di essere protagoniste nella società in cui vivono e dunque di alimentare il percorso di maturazione civica e di crescita della democrazia.
Che fare? Migliorare la scuola, certo. Ma non basta.
Il problema dei nostri giovani non si può ridurre alle aule scolastiche dove non è pensabile che si annidino tutti i guai. Gli insegnanti sono diventati tutti scarsi? Nessuno sa più trasmettere conoscenze o motivare all’apprendimento e al senso critico?
Forse bisogna dare uno sguardo al “pre-scuola”, alle stanze delle nostre case, dove i ragazzi vivono non di rado sdraiati sui letti attaccati a uno smartphone.
Il tema della famiglia è centrale e va affrontato senza retorica. Anche questo aiuterebbe la scuola.
Alberto Campoleoni