Domenica 12 giugno si votano i Referendum sulla giustizia

Le ragioni del Sì e quelle del No illustrate da due esponenti politici locali: Virginia Villani e Giuseppe Del Sorbo.
12 giugno

Domenica 12 giugno gli italiani sono chiamati alle urne, oltre che per le elezioni amministrative in 975 comuni (nell’Agro dovranno essere rinnovate le amministrazioni di Nocera Inferiore e Roccapiemonte), anche per esprimersi su cinque referendum in materia di giustizia.

I quesiti referendari vertono su: abolizione della legge Severino, limiti alla custodia cautelare, separazione delle carriere dei magistrati, valutazione dei magistrati da parte dei consigli giudiziari e candidature al Consiglio Superiore della Magistratura.

Per entrare nel merito dei quesiti e comprendere le ragioni del Sì e quelle del No abbiamo raccolto l’opinione di due esponenti politici dell’Agro: il consigliere provinciale Giuseppe Del Sorbo, della Lega, e la deputata Virginia Villani, del Movimento Cinque Stelle.

Il primo quesito

Il primo quesito chiede di abrogare la legge Severino, contenente norme sull’incandidabilità, l’ineleggibilità e la decadenza di parlamentari, membri del governo e amministratori locali condannati per reati non colposi, di allarme sociale o contro la pubblica amministrazione.

«Ad oggi, sindaci ed amministratori locali, dopo una sentenza di condanna di primo grado, quindi non definitiva, vengono automaticamente sospesi. È necessario garantire più tutele. Tutti devono avere il diritto di dimostrare la propria innocenza in tutti i gradi di giudizio. Saranno i giudici, in caso di condanna, a decidere se applicare o meno l’interdizione dai pubblici uffici», è l’opinione di Del Sorbo, schierato per il Sì.

«Il Sì al quesito – sostiene l’onorevole Villani – provocherebbe conseguenze dannose per il corretto funzionamento della democrazia. È un quesito pensato per i sindaci ma, se passasse il Sì, verrebbe meno il concetto di indegnità anche per chi vuole candidarsi alla Camera e al Senato. Si rischia di far venire meno valori fondamentali come quelli della trasparenza e dell’onestà», afferma la parlamentare che sostiene le ragioni del No.

Il secondo quesito

Il secondo quesito mira a limitare le possibilità di applicazione delle misure cautelari, abrogando il presupposto della possibile reiterazione del reato.

«Eliminare tale fattispecie produrrebbe l’effetto di limitare fortemente la tutela dell’esigenza di sicurezza sociale tipica delle misure cautelari, andando contro gli interessi dei cittadini. Secondo noi, si andrebbe ad indebolire uno strumento a disposizione dei magistrati per il contrasto a numerosi reati: persone accusate di gravi reati potrebbero rimanere in libertà», ci ha detto la deputata del Movimento Cinque Stelle.

«È fondamentale – sostiene invece Del Sorbo – assicurare la certezza della pena. Chi sbaglia paga. Ma per migliaia di italiani, ogni anno, viene utilizzata la custodia cautelare in assenza di giustificazioni serie. Cittadini che vengono privati della loro libertà ancor prima di essere riconosciuti colpevoli. In presenza di gravi reati deve continuare ad esistere tale misura, ma senza abusi».

Il terzo quesito

Il terzo quesito chiede di abrogare le norme dell’ordinamento giudiziario che consentono ai magistrati il passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente.

Il consigliere provinciale afferma: «Giudici e pubblici ministeri oggi possono passare da una parte all’altra. È necessario avere giudici indipendenti e imparziali. Con la vittoria del Sì, il magistrato dovrà scegliere all’inizio della carriera se svolgere la funzione giudicante o requirente, per poi mantenerla per l’intera carriera».

Ribatte Virginia Villani: «Siamo contrari alla separazione delle carriere dei magistrati perché mina l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. Attualmente c’è comunanza di formazione e di percorso iniziale tra Pubblico ministero e giudice. Questa pratica serve a far sì che i PM non siano completamente “distaccati” e che non diventino accusatori veri e propri. Il rischio inverso è che si crei quello che è stato definito un “sistema accusatorio puro”, dove tra le altre cose, il PM è spesso eletto dalla politica».

Il quarto quesito

Il quarto quesito mira a consentire ad avvocati e professori universitari facenti parte dei consigli giudiziari (dunque ai membri laici) di partecipare pienamente alle valutazioni di professionalità dei magistrati, finora riservate soltanto ai membri togati dei consigli stessi.

«Siamo contrari al quesito referendario – ci ha detto l’onorevole Villani – in quanto, se approvato in questi termini, introdurrebbe meccanismi distorsivi o di potenziali conflitti di interessi. Inoltre, si rischierebbe di offrire agli avvocati uno strumento di pressione indebita nei confronti dei magistrati, senza giovare affatto ai lavori dei consigli giudiziari. I magistrati devono poter emettere le sentenze senza rischiare di incorrere in potenziali ritorsioni da parte degli avvocati».

Sostiene invece Del Sorbo: «I magistrati non possono essere valutati solo da altri magistrati. È necessario ottenere giudizi più oggettivi sul loro operato mettendo fine alla sovrapposizione di controllore e controllato».

Il quinto quesito

Il quinto quesito, infine, propone di abrogare le norme che impongono ad un magistrato che voglia candidarsi al Consiglio Superiore della Magistratura di dover raccogliere dalle 25 alle 50 firme.

Il consigliere provinciale della Lega afferma: «Il CSM è l’organo di autogoverno dei magistrati. Esso ha competenze in materia di assunzioni, assegnazioni e trasferimenti, promozioni e provvedimenti disciplinari. Per due terzi è composto da magistrati eletti. Oggi, per candidarsi a far parte del CSM, un magistrato deve raccogliere dalle 25 alle 50 firme. In pratica è indispensabile avere il sostegno di una delle “correnti”. Queste influenzano le decisioni prese dall’organo».

«La riforma approvata alla Camera e attualmente in discussione al Senato – sostiene invece la Villani –, già prevede l’eliminazione della raccolta delle firme per le candidature. Il nuovo sistema si basa su candidature individuali: ciascun candidato presenta liberamente la sua candidatura, anche nel suo distretto, senza necessità di presentatori. Il quesito dunque è già materia di esame al Senato, ma non secondo la “superficialità” di un’abrogazione referendaria circoscritta».

Referendum è democrazia

Una delle principali critiche rivolte a chi ha promosso e sostiene i referendum è che tale istituto non possa essere utilizzato per riformare ambiti complessi come quello della giustizia.

Pronta la replica di Giuseppe Del Sorbo: «Tale strumento è la rappresentazione più bella della democrazia, in quanto permette ai cittadini di esprimere la propria opinione. Ed è per questo motivo che ognuno di noi dovrebbe sentire il dovere di informarsi sul contenuto di ogni quesito e dare il giusto peso al voto che è chiamato ad esprimere».

Trattandosi di referendum abrogativi, nel caso in cui l’affluenza alle urne non raggiungesse il 50%+1 degli elettori, la consultazione non sarebbe valida.

Come è naturale, molti partiti, per bocciare i quesiti, stanno cavalcando l’onda della non partecipazione.

Non è di questo avviso però la deputata del Movimento Cinque Stelle eletta nel collegio dell’Agro nocerino-sarnese alle elezioni del marzo 2018: «Il diritto di voto è sacrosanto, pur essendo contrari ai cinque quesiti, come Movimento Cinque Stelle chiediamo ai cittadini di andare a votare e di dire “no” a queste proposte. Chi cavalca l’onda della non partecipazione, secondo noi, sta ledendo un principio ancora più importante di qualunque decisione legislativa, ovvero quella della partecipazione degli italiani alla vita pubblica».

Abbiamo chiesto al consigliere Del Sorbo e all’onorevole Villani anche un commento sulla campagna referendaria. È innegabile che il dibattito intorno ai cinque quesiti sia stato, per quantità e qualità, ridotto al minimo sindacale; dicasi per la TV, per i giornali, per i media in generale.

«Una volta garantiti nella televisione pubblica gli spazi adeguati ai quesiti referendari, nel rispetto della par condicio, come politica non abbiamo alcun potere di definire quanto si debba o no parlare di un argomento del genere. Non siamo noi a determinare cosa scrivono i giornali, cosa dicono le televisioni o gli altri media», ci ha detto la deputata.

Mentre Del Sorbo ha attaccato: «Domenica prossima si vota nel vergognoso silenzio di media e partiti che stanno volutamente boicottando i referendum. Nessuno ne parla. È grave. È un “furto” alla democrazia».

Antonio Pontecorvo

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