Facciamoci qualche domanda. Dove una società investe per guardare al futuro? E quali sono le prospettive oggi, in Italia, in un Paese che sta affrontando – come tanti altri, del resto – la difficile uscita dall’emergenza pandemica complicata da un contesto economico e globale di grande incertezza?
Alla prima domanda viene da rispondere, sia pure con qualche rischio di retorica, “sui giovani”. Sono loro, infatti, il futuro, i cittadini di domani anche se già oggi hanno un ruolo importante e possono dire la loro. Ma con ben poca rilevanza.
Dire che si punta sui giovani vuol dire anche – necessariamente – investire sulla scuola e l’educazione, che sono non solo “luoghi”, ma orizzonti, prospettive, proiezioni di futuro. Sono, in buona sostanza, le fondamenta per l’edificio di domani.
Lo si dice, in verità, da sempre e in tutti i modi, salvo poi restare spesso al palo per via di pochi investimenti, difficoltà oggettive legate alla conformazione sociale (e geografica) del nostro Paese, alla burocrazia monstre che non di rado assorbe, vanificando, sforzi e iniziative.
Tuttavia continuiamo a insistere. Il 30 giugno, ad esempio, il ministro Bianchi ha ripetuto all’Unesco, a Parigi – a un vertice in preparazione dell’Assemblea Onu di settembre – che “una società più equa e più giusta è possibile soltanto se riusciamo ad estendere il diritto all’educazione, promuovendo il superamento delle barriere di genere, sociali ed economiche”. Ha sostenuto che “la trasformazione dell’educazione è la leva fondamentale di uno sviluppo sostenibile e di una società più aperta”.
Ha concluso sottolineando come “parlare di inclusione significa parlare di democrazia. L’impegno necessario per garantire una piena inclusione di ragazze e ragazzi non riguarda dunque solo la scuola ma l’intera società, che si fa comunità intorno alle studentesse e agli studenti”.
Allora ci siamo. Puntiamo sui giovani, sulla scuola, sull’inclusione.
Ma loro, i protagonisti? I giovani? Gli adolescenti? Che dicono? E qui ecco qualche difficoltà a rispondere alla seconda domanda posta all’inizio. L’edizione 2022 dell’indagine nazionale sugli stili di vita degli adolescenti in Italia, realizzata dalla associazione no-profit Laboratorio Adolescenza e dall’Istituto di ricerca Iard su un campione nazionale rappresentativo di 5.600 studenti della fascia di età 13-19 anni lascia infatti l’amaro in bocca, in particolare per la sfiducia nel futuro che traspare dall’ascolto degli intervistati. Adolescenti e giovani disillusi, poco propensi a guardare avanti con ottimismo. La dice lunga, ad esempio – per restare nell’ambito dell’istruzione – il dato per cui solo il 63% degli studenti intervistati ha in programma di iscriversi all’Università.
Disillusi e quasi spaventati. Dai dati emerge che il 52,7% degli adolescenti rispetto al futuro è “incerto” o “preoccupato”. Covid e guerra influiscono. Solo il 35% ritiene che si stia uscendo definitivamente dall’emergenza pandemia e tra l’80 e il 90% dei giovani è preoccupato delle conseguenze che possono derivare dal conflitto Russia-Ucraina; oltre il 75% teme una terza guerra mondiale o un eventuale coinvolgimento diretto dell’Italia.
Torniamo alle domande e facciamone altre. Come rassicurare questa nuova generazione? A chi tocca anzitutto? Siamo davanti a una crisi passeggera o a una “stagnazione” – così parla l’economia – delle menti e dei cuori?.
Sono le sfide più importanti che abbiamo davanti: scuola e famiglie in prima linea.
Alberto Campoleoni