Cosa fare in vacanza? Per una volta ci concediamo il lusso di allontanarci dalle urgenze e dalle visioni più o meno stringenti legate alla politica scolastica e alle vicende quotidiane della scuola italiana – ma senza illuderci: le questioni in sospeso restano, dalle riforme in perenne discussione al reclutamento degli insegnanti, alle burocrazia legata alla ripetenza di settembre (con mascherine o no?) – per dedicarci al tempo vuoto, alla “vacanza”, appunto.
Con la convinzione che il tempo vuoto è forse più impegnativo di quello pieno. Infatti succede che nella quotidianità tutto (salvo qualche eccezione) viene determinato, gestito, organizzato così che ciascuno arriva a alla fine della giornata, della settimana, del mese senza quasi rendersene conto.
Il mondo della scuola non fa eccezione, e questo vale per l’istituzione e per tutte le sue componenti, i soggetti che la abitano, a cominciare dai protagonisti principali che sono gli studenti.
Quegli stessi studenti che “sognano” la vacanza e che poi magari finiscono per trovarsi proprio davanti a un tempo vuoto del quale non sanno che farsene.
Perché il tempo vuoto è difficile da gestire. E nello stesso tempo, a ben pensarci, è una messa alla prova della validità del “tempo pieno”, cioè di quella scuola che ha come compito proprio quello di favorire la crescita delle persone così che siano capaci di vivere il proprio tempo – le ore della giornata e insieme il “tempo” come condizione esistenziale e culturale nella quale si trovano immersi – da protagonisti: di organizzare, gestire, determinare l’esistenza.
Insomma, la vacanza è tutt’altro che questione “balneare”, cioè – seguendo l’uso comune di un termine – di poco conto, di distrazione, di sospensione della vita ordinaria.
Al contrario, la vacanza è davvero una messa alla prova – un po’ per tutti, non solo per i più giovani e gli studenti in specie – un tempo che diventa occasione da non sprecare.
Una volta esistevano i “compiti delle vacanze”. Una seccatura infinita per studenti e famiglie che dovevano misurarsi con esercizi, letture, temi… magari fatti tutti subito, appena finita la scuola, “così non ci si pensa più”. In teoria erano un modo per “tenersi in allenamento” e sulla loro utilità hanno discusso a lungo e con esiti diversissimi pedagogisti, opinionisti, professori, mamme e papà. Forse occorre riflettere sulla vacanza – e le vacanze – come compito, cioè appunto sulla capacità di affrontare e riempire di senso il tempo vuoto.
Organizzare la giornata, il riposo e l’attività, il gioco e lo studio (e chi vuole aggiunga anche altro) è un compito impegnativo e una tappa del raggiungimento della maturità personale.
Chi ha figli soprattutto adolescenti sa come si tratti di una sfida difficile, insidiata, ad esempio, da quei subdoli strumenti che si chiamano smartphone – ormai sono una prolunga del corpo e della mente – capaci di assorbire energie e inventiva in un mondo ancora più sospeso di quello della “vacanza” di cui abbiamo parlato fin qui.
Ma a questo apre discorsi ancora più ampi e da approfondire. In ferie, naturalmente.
Alberto Campoleoni