Noi ci impegniamo a restare

La provincia italiana, la fatica di amarla nell’editoriale di Salvatore D’Angelo.

La provincia italiana. Quant’è bella. Quanta ricchezza. Quante potenzialità. Quante risorse. Quante difficoltà. Rischio emarginazione. Emergenza spopolamento.

Nei giorni scorsi il tema è stato al centro dell’incontro dei vescovi delle “Aree interne” del Paese tenutosi a Benevento. Un’iniziativa maturata nel cuore dell’Arcidiocesi sannita già nel 2019, che ha raccolto l’interesse e l’attenzione della Chiesa italiana.

Un convegno che ha come focus la pastorale, tuttavia «esso segnala anche un problema di natura squisitamente politica», ha evidenziato l’arcivescovo beneventano Felice Accrocca.

La maggioranza dei Comuni italiani è costituita da realtà con popolazione al di sotto dei 5.000 abitanti, geograficamente collocati su tutto il territorio nazionale.

Una riflessione per studiare forme di pastorale coerenti con il contesto, ma anche per riflettere sull’inarrestabile abbandono che lo caratterizza, affinché la politica intervenga prima che sia troppo tardi. Il rischio, infatti, è che la provincia divenga una sorta di oggetto da mettere in vetrina, con borghi e natura da raccontare mentre intorno avanza la desertificazione. 

Mi soffermo sulla dichiarazione finale, che è un atto di fede e fiducia. In particolare, quando si legge: «Noi c’impegniamo a restare». La Chiesa resta dove Dio l’ha posta. Con coraggio e speranza è in cammino missionario. Una missione che si compie non solo nei Paesi poveri, ma anche tra le povertà – umane, materiali, spirituali  – dei nostri paesi.

«La Chiesa non vuole abbandonare questi territori, senza per questo irrigidirsi in forme, stili e abitudini che finirebbero per sclerotizzarla». È con la mano tesa verso «i giovani che vogliono restare, cercando di offrire loro solidarietà concreta», ed è pronta ad «accompagnare quelli che vogliono andare, con la speranza di vederli un giorno tornare arricchiti di competenze ed esperienze nuove».

Perché se ci nasci, non puoi davvero fuggire dalla provincia italiana.

Anche se soffri quando vedi che, nonostante le potenzialità espresse da giovani volenterosi e adulti saggi, le metropoli e ciò che esprimono anche in senso mediatico non riconoscono questi talenti.

Negli ultimi anni è corsa in aiuto la paesologia, ovvero «l’arte dell’incontrare e raccontare i paesi e i luoghi, percepiti come centri di vita associata immersi nel territorio e nella storia e interpretati fuori da ogni rigido schema disciplinare» (vocabolario Treccani).

Franco Arminio è il paesologo per antonomasia: «La paesologia è oltre la decrescita, è fuori dalla logica di costruire società e benessere, l’uomo non deve costruire niente, siamo qui nel mondo, siamo qui e non si può dire nient’altro».

Cogliamo l’attimo presente. Facciamo la volontà di Dio. Spendiamoci per il bene. «Dove Dio ti ha piantato, fiorisci. E dove fiorisci, a tua volta, semina. Dio si serve di te per rendere la terra un paradiso di bellezza, un paradiso d’amore», scriveva san Francesco di Sales.

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