Si archivia un’era scolastica, quella apertasi con il Ministro Lucia Azzolina e chiusa dal professor Patrizio Bianchi. Un’era segnata dalla pandemia che ha ridefinito spazi, tempi e strumenti della scuola. Dalla Didattica a Distanza alla Didattica Digitale Integrata i due ultimi ministri hanno lavorato con un obiettivo comune: garantire il “fare scuola”. E ci sono riusciti, sebbene non con gli stessi risultati in tutte le aree geografiche del nostro Paese e non con la stessa efficacia per tutte le fasce sociali di appartenenza dei nostri studenti.
Ma gli investimenti ci sono stati e, sicuramente, si sono affermate metodologie innovative. Ancora adesso, benché fuori dall’emergenza, molte scuole ricorrono alla modalità remota per promuovere incontri tra studenti e realtà culturali, istituzioni, atenei.
È un patrimonio, quindi, che ci arricchisce e quel “fare scuola” che, all’inizio di questa drammatica esperienza collettiva, sembrava essere in serio pericolo, ora è una realtà acquisita, certa, che non potrà mai essere interrotta da altre calamità che non ci auguriamo.
Le elezioni politiche del 25 settembre, dunque, chiudono questa epoca. C’è tanto da fare e il mondo della scuola attende di confrontarsi con un nuovo Ministro dell’Istruzione con una consapevolezza: la scuola ha bisogno di attenzione costante nel tempo. Strumentazione, edilizia, trasporti, cura dei bisogni educativi speciali, inclusione di studenti fragili o stranieri, dispersione sono obiettivi irrinunciabili.
Al di là del colore ideologico, una buona politica scolastica deve posizionarsi nei primissimi punti della programmazione di ogni governo. È superfluo sottolineare il ruolo primario dell’istruzione e della formazione per il futuro di tutti.