I Padri Redentoristi fondati da sant’Alfonso Maria de Liguori compiono 290 anni. Era il 9 novembre 1732 quando, nella sua amata Scala, il Santo fondava la Congregazione del Ss. Redentore «per seguire l’esempio del Nostro Salvatore Gesù Cristo, annunciando la Buona Novella ai poveri», si legge sul sito internet dei Redentoristi. Aveva 36 anni e la sua vita «divenne una missione ed un servizio ai più abbandonati». La Congregazione venne approvata da Benedetto XIV il 25 febbraio 1749.
Per ricordare quel momento ed i quasi tre secoli di vita, il superiore generale, padre Rogério Gomes, ha scritto a tutta la famiglia alfonsiana sparsa nel mondo e il cui cuore batte a Pagani, intorno all’urna dove riposa il Santo Dottore della Chiesa.
Tre secoli di storia
In questi anni, la Congregazione «ha vissuto il corso della storia, con gioie e dolori, si è ristrutturata, altre volte si è ampliata, grazie alla disponibilità e al coraggio di tanti confratelli, e non ha mai smesso di proclamare il Vangelo. Questa fedeltà dimostra che l’opera è dello Spirito! E se è così, continuerà verso la fine come realtà escatologica consumata alla fine della storia, nel profondo mistero divino», scrive il superiore generale.
Ferite da sanare
Una lettura franca e realista della situazione vissuta dalla famiglia alfonsiana: «È vero che la Congregazione sta attraversando tempi difficili per la mancanza di vocazioni, l’invecchiamento, la riduzione della nostra forza missionaria, la mancanza di credibilità per l’azione di alcuni congregati che svolgono pratiche contrarie al Vangelo. Queste realtà sollevano la questione di come possiamo reinventarci con realismo, lucidità, umiltà, autostima e autorità morale di fronte a queste spine nella nostra carne. Tuttavia, questo non è un motivo per scoraggiarsi, paralizzarsi e dichiarare la nostra morte prematura. È la realtà attuale della nostra storia che dobbiamo vivere!».
Recuperare il senso della testimonianza
Padre Gomes sollecita: «La centralità della nostra vita nel Redentore ci dà speranza e ci fa recuperare il senso della testimonianza. Bisogna continuare a tirare le reti anche con mare mosso e nelle notti buie. Per questo è fondamentale non dimenticare che il Redentore è nella nostra barca, anche se dorme a prua (cfr. Lc 5,1-11; Mc 4,35-41). Migliorare la qualità della nostra vita fraterna in comunità, la nostra affettività, la nostra vita spirituale, valorizzando la nostra spiritualità ricca e densa, la nostra consacrazione, la nostra disponibilità a servire le persone, la nostra testimonianza di vita, a credere in noi stessi, a lavorare con le altre congregazioni e con i laici! Questi sono strumenti fondamentali per la nostra pesca».
Sfide da affrontare con «coraggio e creatività»
Sfide da affrontare con «coraggio e creatività» e con la Congregazione che «resta fedele allo Spirito che la spinge a condividere il carisma fondativo attraverso le diverse opere missionarie che svolgiamo come missionari di speranza sulle orme del Redentore: Missioni Popolari, Pastorale Vocazionale e Formazione, Mezzi di Comunicazione Sociale, Ricerca e Insegnamento, Parrocchie e Santuari, Ritiri e Predicazione, Giustizia e Pace, Scuole e Collegi, Pastorale Giovanile, tra molti altri». È in questo che risiede «la bellezza del nostro carisma, nel fatto che non è centrato su noi stessi, ma si traduce nell’annuncio di una copiosa apud eum redemptio e nella sequela del Redentore come corpo missionario, in collaborazione con la Chiesa».
Riprendere il dinamismo missionario
Il superiore generale sollecita la ripresa del dinamismo missionario: «Papa Francesco, nel suo discorso spontaneo ai Capitolari Redentoristi, ci ha provocato in questo senso: “Uscite in missione, andate in missione, cioè la dimensione missionaria, di cui avete parlato nel vostro discorso. […] Lasciate le zone di comfort e andate in missione. Mi chiedo: quali sono le zone di comfort che ha una Congregazione, che ha una Provincia, che ha una Comunità e che ognuno di noi ha? […] Cercate in ciascuno di voi la radice di questo senso di confort, questo vi aiuterà a staccarvi e a guardare l’orizzonte della missione. Un Redentorista senza questo orizzonte di missione non ha senso, pur dovendo stare seduto a una scrivania per tutta la vita. Da qui la necessità di uscire dalla propria zona di comfort. Perciò suggerisco che, a seguito di questo Capitolo, nella preghiera che pregate in questi giorni, ciascuno di voi si chieda: “A cosa sono legato? Qual è il mio conforto, ciò che non mi lascia libero, che non mi lascia volare? Provate a rispondere a questa domanda”. Allo stesso modo, bisogna porsi la domanda se ci stiamo rivolgendo alle periferie geografiche ed esistenziali o se stiamo facendo la mossa opposta, facendo enfasi sul centro».
Non fare da soli
Ristrutturazione e riconfigurazione «ci aiutano a vivere la kenosis, il distacco» e richiama sempre il discorso del Pontefice ai capitolari redentoristi. Per essere «missionari della speranza sulle orme del Redentore!». Un percorso da non fare «da soli, isolati, ma come organismo missionario che coinvolge la Famiglia Redentorista, le congregazioni che hanno legami con noi attraverso il carisma e i laici legati alla nostra missione “personalmente chiamati dal Signore, dal quale ricevono una missione a beneficio della Chiesa e del mondo” (Christifideles laici, n. 2). Questo è il futuro della Congregazione che dobbiamo intravedere all’orizzonte con grande gioia, entusiasmo, dinamismo missionario e nel dialogo e collaborazione con gli altri».
Spendere la vita per la redenzione
Infine, gli auguri a tutti per i 290 anni della Congregazione: «Ognuno di voi, nella vostra opera missionaria, fa parte della costruzione di questa nostra storia. A coloro che ci hanno preceduto, la nostra gratitudine. A coloro che arrivano, ai nostri giovani, a coloro che ci cercano e a quelli che sono in formazione, non abbiate paura di spendere la vostra vita per la redenzione (dies impendere pro redemptis). Avanti! Il Signore cammina con noi e lo Spirito ci mostra la via in questo momento della storia che Dio ci ha donato. Non abbiamo paura!».