Nei giorni delle festività grande successo ha riscosso “La Fiera dei Balocchi – Mostra del Giocattolo Antico”, in corso nella magnifica sede dell’Archivio di Stato di Napoli, ospitata dall’ex convento benedettino dei Santi Severino e Sossio, 24mila metri quadrati di pura storia (un terzo del Louvre e di dimensioni pari alla Caserma Tofano di Nocera Inferiore), costruzione che si dipana in 300 ambienti, quattro chiostri, sale sontuosamente affrescate, con opere di Antonio Solaro detto lo Zingaro e di Belisario Corenzio.
Le prime strutture risalgono all’VIII secolo e fu destinato a quest’uso istituzionale sin dai primi dell’800. Maestoso il platano che campeggia nell’omonimo Chiostro: una pia leggenda attribuisce a San Benedetto il merito di averlo piantato. Recenti indagini, invece, lo fanno risalire al XVIII secolo. Uno scrigno che finora rimaneva appannaggio di ricercatori e studiosi ma che il grande pubblico praticamente non conosceva.
L’obiettivo della direttrice Carrino
Eppure si trova in pieno Centro antico, a un tiro di schioppo dal Duomo di San Gennaro, da San Domenico Maggiore, dalle Università Federico II e Orientale, da via dei Tribunali e da San Gregorio Armeno, in uno slargo denominato, tanto per non sbagliarsi, “Piazzetta Grande Archivio”: a voler dare la scossa è la sua direttrice fortemente impegnata in una strategia di musealizzazione, Candida Carrino, determinata a trasformare l’Archivio ne’ “la casa delle storie”, patrimonio di tutti.
La collezione Capuano
Esordio di questa nuova politica culturale di apertura alla città è stata la Mostra sul Giocattolo Antico, che ha accolto nello stupendo scrigno dell’Archivio una parte della collezione dell’avvocato Vincenzo Capuano, funzionario dell’ufficio legale di Banca Intesa, fine conoscitore della storia del giocattolo, di cui è docente presso l’Università Suor Orsola Benincasa.
Capuano ha un fil rouge con Nocera Inferiore: il nonno, ingegnere come suo padre, abitava nell’area della Rendola; la zia Silvia aveva sposato l’ingegnere Francesco Citarella, negli anni ’70 altro nocerino illustre, ricoprendo il ruolo di direttore della SIP per l’Italia meridionale.
La raccolta dell’avvocato Capuano ha dell’incredibile: sono stati esposti più di mille rarità, da un patrimonio di oltre cinquemila giocattoli, su un totale di diecimila pezzi. Essi si distribuiscono in antichi armadi, vetrine, bacheche e, i più imponenti, anche en plein air, secondo un allestimento molto coinvolgente, curato da Donatella Dentice d’Accadia.
La mostra
Otto le aree tematiche della Mostra: oltre alle bambole, che ne costituiscono il nucleo più numeroso, gli automi, i giochi da tavolo, i teatrini, i pupazzi e i personaggi, i giocattoli in legno, i giocattoli di latta e i giocattoli di guerra. Partiamo, dunque, dalle bambole, che rappresentano un vero viaggio nel tempo, testimonianze a partire dai primi del ‘700.
Al XVIII secolo risalgono, infatti, le cosiddette “Pandore” con cui le ricche e nobili bambine amavano giocare: può annoverarsi in questa gamma la Bambola William & Mary, del 1740, bambola manichino a otto snodi negli arti e testa, capelli veri e un cappello di paglia all’epoca in voga; una ottocentesca ha un lussuoso corredo di abiti e accessori, di cui solo una minima parte esposti, persino il pettine in avorio, il necessaire di bellezza e le guipieres.
Lascia sbalorditi, poi, la portantina settecentesca, tappezzata di seta preziosa, dove siedono nove bambole che riproducono personaggi della corte borbonica, compreso il Re e la Regina, proveniente dalla collezione della principessa Maria José Cattaneo della Volta di Sannicandro.
Vi è una bambola ‘Riccioli d’oro” che riproduce la baby diva degli anni ’30 Shirley Temple e un’altra, in panno Lenci, che rappresenta Rodolfo Valentino abbigliato da “Figlio dello Sceicco”, oltre a una delle mitiche “maschiette”, ispirata alle sembianze di Marlene Dietrich: fu proibita in Italia, in quanto non consona all’ideale femminile fascista, secondo i dettami del politically correct imposto dal regime.
Le Barbie
Immancabile, ecco Barbie (battezzata dalla sua ‘inventrice’ col nome di Barbara Millicent Roberts): qui esposta non c’è una delle innumerevoli versioni che si sono susseguite in oltre sessant’anni, che ritroviamo in tante case nel mondo. No, qui c’è proprio lei, la Numero Uno, che esordì in costume zebrato nel 1959 e che, dal 1961, replicò un imprinting prettamente italiano: “Tengo famiglia”, col fidanzato Ken (esposta c’è la prima versione, non così palestrato come quello in vendita ora), la sorellina Skipper e tutto un battaglione di parenti e amici vari.
Pinocchio
Lasciamo le bambole e approdiamo alle altre declinazioni del mondo del gioco: innumerevoli Pinocchio di legno occhieggiano dalle vetrine o dall’esposizione; automi stupefacenti, dalle movenze perfette, testimoniano il grado di evoluzione tecnologica anche in epoche remote; giochi da tavolo predecessori dei moderni videogiochi, ne anticipano le regole; marionette storiche, come i sette nani di Podrecca, famosissimo artista del teatrino; oppure i burattini ideati per il film Pinocchio, con Benigni.
Le macchinine
E poi, macchinine, trenini, aeroplanini di ogni genere e qualità, teatrini, un circo microscopico ma perfetto nei particolari riprodotti, il gioco dedicato a “Lascia o Raddoppia” (quello che oggi distribuiscono a L’Eredità ne è una ennesima replica) e il mitico Musichiere, pupazzo cult di fine anni ‘50.
I giocattoli di regime
Inquietanti, poi, appaiono i giocattoli “di regime”, prodotti fra gli anni ’30 e ’40, con i bambolotti e il Pinocchio Balilla, strumenti di propaganda per plagiare le fasce più giovani della popolazione dell’epoca e un’auto scoperta di latta, una Mercedes del 1936, dove, a bordo, si riconosce nitidamente, sul sedile posteriore, Adolf Hitler, accompagnato da alcuni gerarchi, in cui uno, che gli siede accanto, ha il braccio teso nel saluto nazista.
Noi boomers, però, abbiamo anche noi un giocattolo-simbolo con un’altra decappottabile di latta, di produzione spagnola, risalente al 1964, una spider che ospita i Fab Four, allora idoli della gioventù, in tournée a Madrid. Purtroppo, il gioco, ormai pare essersi trasferito sul web e nei device, dunque, i nostri discendenti non potranno contare su una Mostra simile, ma soltanto in un gelido succedersi di immagini su schermi e Pc.
Annamaria Barbato Ricci