Mai più!

L’archivio storico della Sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato vaticana ha reso accessibili sul proprio sito documenti che mostrano il ruolo della Chiesa nel genocidio. Tanti gli ebrei salvati da morte certa grazie all’intervento della Santa Sede.
Foto di Michal Jarmoluk da Pixabay

Mai più! Lo diciamo spesso quando leggiamo un libro o vediamo un film che descrive i campi di sterminio nazisti. Ogni anno, il 27 gennaio, celebriamo il Giorno della Memoria, istituito nel 2005 dalle Nazioni unite per commemorare le vittime delle persecuzioni razziali, etniche e religiose attuate dal regime nazifascista.

Era il 27 gennaio 1945 quando le truppe sovietiche della 60ª Armata, guidate dal maresciallo Ivan Konev, arrivarono alle porte della città polacca di Oświecim (in tedesco Auschwitz) dove scoprirono i campi. Il racconto dei sopravvissuti rivelò l’orrore del genocidio nazi-fascista che, in quei luoghi, si era consumato.

Mai più! Eppure la storia non è stata maestra e, ancora oggi, nel mondo, le cronache raccontano di orrori inenarrabili che ci fanno dubitare dell’umanità dei loro autori. 

Quale fu il ruolo della Chiesa nel genocidio messo in atto contro il popolo ebraico? Si è detto e scritto tanto, ma la via maestra è sempre andare alle fonti autentiche. Il 2 marzo 2020, per volontà di papa Francesco, è stata aperta alla consultazione la serie documentaria intitolata “Ebrei”, che rientra nell’archivio storico della Segreteria di Stato riguardante il pontificato di Pio XII.

Si tratta di una mole molto consistente di documenti straordinari: quarantamila file che, a giugno 2022, l’archivio storico della Sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato vaticana ha reso accessibili sul proprio sito internet (il complesso lavoro di pubblicazione è ancora in corso).

Attraverso missive, note ufficiali o private, appunti, è possibile ricostruire la storia di donne e uomini ebrei salvati da una morte certa grazie all’intervento della Santa Sede (le richieste arrivavano alla Segreteria di Stato, che attivava i canali diplomatici per cercare di ottenere ogni aiuto possibile tenendo conto della complessa situazione politica mondiale dell’epoca).

Alcuni sono documenti formali, che rendono bene l’efficace stile curiale, altri ci mostrano, quasi plasticamente, le persone e le loro storie drammatiche, le tragedie personali, familiari e comunitarie che stanno vivendo. Il racconto minuto delle loro vite rende la lettura adatta non solo agli storici, ma a noi tutti desiderosi di conoscere nel profondo l’immane tragedia. La lettura di quelle pagine è anche un continuo monito a non voltarsi dall’altra parte quando vediamo atti di ingiustizia, sopraffazione, violenza.

In un suo celebre sermone, il teologo e pastore luterano Martin Niemöller (fu internato a Dachau, ma riuscì a sopravvivere) scrisse: «Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare». 

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