Vittime e prevenzione

Nei giovanissimi l’immaturità fisiologica può tradursi in una certa ossessiva ricerca di emozioni forti.
Foto di PublicDomainPictures da Pixabay

“Non distruggete la vita per imprudenza”. Con questo accorato monito il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, poco più di un mese fa nel consueto messaggio di fine anno si rivolgeva in maniera particolare ai giovani. L’urgenza di sollecitare le nuove generazioni sul tema della sicurezza nasceva dal triste bilancio del 2022, “annus horribilis” per molti neopatentati e adolescenti rimasti coinvolti in gravi incidenti stradali.

Il 2023 pare, però, non interrompere il tragico trend, almeno per il momento: sono già 85 i morti sulle strade nei fine settimana da quando è iniziato l’anno, secondo i numeri Asaps (Associazione amici e sostenitori della Polizia stradale). Tra di essi figurano anche i cinque giovani che, qualche giorno fa, hanno perso la vita a Fonte Nuova nella periferia romana.

Il fenomeno non riguarda soltanto il nostro Paese. Nell’Unione Europea gli incidenti stradali nella fascia d’età 18-24 anni sono molto frequenti (44% del numero complessivo) e causano nel 64% dei casi la morte del guidatore o del passeggero al suo fianco.

In Italia i dati risultano essere in preoccupante crescita rispetto al 2020 (anno della pandemia) nelle fasce di età 15-19 anni  (+ 41,7%) e 25-29 anni (+ 34,9%). I giorni della settimana più funestati dalle morti in strada sono ovviamente quelli del week end. Il sabato, soprattutto, registra il numero più alto di vittime (Rapporto Aci-Istat 2022).

Insomma l’incidente stradale, assieme al suicidio, è tra le cause più frequenti di morte fra giovani e giovanissimi (15-30 anni). Ma quali sono le cause che determinano gli incidenti in questa fascia di età?

L’alcol e l’abuso di sostanze, purtroppo, incidono ancora in maniera consistente.

L’uscita del sabato sera per molti diventa un momento per “mettersi alla prova” psicologicamente e fisicamente e superare i consueti limiti. Da questo punto di vista il “gruppo”, a volte, fa da catalizzatore di eccessi e di azioni sconsiderate, lo “sballo” diventa una sorta di rito collettivo di appartenenza.

In ogni caso pare che, negli ultimi anni, lo stato di ebbrezza sia stato scalzato in cima alla classifica dei comportamenti più a rischio da distrazione, mancato rispetto della precedenza e velocità elevata.

La prima fra queste condotte è riconducibile all’uso dissennato degli smartphone: molti giovani scattano selfie, o fanno stories, mentre sono al volante. Il tragitto in auto diventa un momento social da condividere per ottenere consensi virtuali. Spesso la musica ad altissimo volume fa da sottofondo (coprendo i rumori della strada) e all’interno dell’abitacolo del veicolo il gusto per il divertimento mette in secondo piano attenzione e cautela.

Il mancato rispetto della precedenza e la velocità elevata sono invece legati a una certa insofferenza alle regole, uniti anche a una buona dose di incoscienza tipica dell’età. Alla base di questi comportamenti ci sono l’inesperienza nei confronti del mezzo che si guida e l’incapacità di valutarne adeguatamente tempi e spazi di frenata, aderenza al manto stradale, velocità di manovra, ecc.

Nei giovanissimi l’immaturità fisiologica può tradursi in una certa ossessiva ricerca di emozioni forti (sensation seeking).

Durante l’adolescenza vi è un rimodellamento del “sistema dopaminergico”, che ha un ruolo fondamentale nell’attività affettiva e motivazionale: in sostanza, quando vengono compiute azioni che il corpo valorizza come “vantaggiose”, nel cervello viene secreta la dopamina. A sovrindere questo processo sono l’amigdala e altre regioni cerebrali che  hanno un ruolo fondamentale nel determinare il senso della ricompensa e dell’accettazione del gruppo dei pari.

Il problema è ampio e sfaccettato, ma esistono possibili soluzioni: prima fra tutte la prevenzione.

La polizia stradale, ad esempio, negli ultimi anni ha messo in atto diversi percorsi che vengono attuati nelle scuole. Occorre però una maggiore sensibilizzazione soprattutto da parte degli adulti per diffondere pratiche e momenti di riflessione che possano far maturare consapevolezza e capacità di discernimento nei nostri giovani. Ancora una volta la questione sollecita una risposta educativa che al momento appare inadeguata.

Silvia Rossetti

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