Le avarie del meccanismo di formazione-orientamento e istruzione

Sono molti i fattori a determinare queste scelte “incaute” o “sbagliate”.
Foto di Mediamodifier da Pixabay

I dati relativi alle iscrizioni alla scuola secondaria di secondo grado per l’anno scolastico 2023-24, resi noti qualche giorno fa dal Miur, testimoniano un orientamento prevalente degli studenti per l’ambito scientifico-tecnologico: liceo scientifico e istituti tecnici, in testa, si sono accaparrati rispettivamente il 26,1% e il 30,9% delle scelte, segnando entrambi un incremento rispetto allo scorso anno.

A seguire troviamo le iscrizioni ai liceo linguistico (7,7%) e delle scienze umane (11,2%), anch’essi in crescita rispetto all’anno passato. Il settore economico si attesta all’11,5%. Meno positivi, invece, i risultati degli istituti professionali che paiono in calo di iscrizioni rispetto a un anno fa (12,1%).

Ma come avviene la scelta della scuola secondaria di secondo grado fra i giovani che sono in procinto di affrontare l’esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione?

In genere vengono attuati nelle scuole “medie” dei percorsi di orientamento. Si organizzano degli incontri con docenti delle scuole superiori, si attivano sportelli orientativi, si somministrano batterie di test, i consigli di classe esprimono la propria indicazione rispetto alla futura iscrizione, i genitori raccolgono idee e informazioni, si allestiscono gli Open Day e poi (teoricamente) si dovrebbe esser pronti a procedere con la compilazione del modello di iscrizione online.

Il sistema funziona?

A rispondere indirettamente a questa domanda sono i dati poco confortanti pubblicati nel recente rapporto di Save the Children “Alla ricerca del tempo perduto”, che nel settembre scorso ha reso noto che il 23,1% dei 15-29enni in Italia è fuori da ogni percorso di lavoro, istruzione o formazione, e che il 12,7% degli studenti non arriva al diploma, abbandonando precocemente gli studi (in Sicilia il tasso di abbandono giunge perfino al 21,2%). Nel rapporto si parla anche di “dispersione implicita”, cioè di quelle situazioni in cui nonostante la presenza di un titolo (diploma) il livello di competenza e di preparazione del “maturato” è inadeguato rispetto alle richieste del percorso universitario o del mondo del lavoro.

Insomma, il meccanismo di formazione-orientamento e istruzione presenta delle avarie.

La prima riflessione da fare riguarda la “corsa” agli istituti tecnologici-scientifici, dove molti ragazzi manifestano spesso grosse difficoltà proprio nelle discipline di indirizzo. Viene da pensare, ma anche le informazioni diffuse da Alma Diploma nel 2021 lo confermano dati alla mano, che le scelte operate dagli studenti non sempre siano dettate da interessi reali e da attitudini per gli insegnamenti impartiti nelle scuole che frequentano. A un anno dal conseguimento del diploma, infatti, circa il 20% dei giovani intervistati nell’indagine dichiarava che, potendo tornare indietro, avrebbe cambiato la tipologia di scuola frequentata.

Sono molti i fattori a determinare queste scelte “incaute” o “sbagliate”. Spesso le pressioni delle famiglie che tendono a indirizzare i propri figli verso scuole che garantiscano una (presunta) preparazione richiesta dal mondo del lavoro, o dal futuro percorso accademico. Altre volte i giovani dimostrano di avere una scarsa conoscenza di sé stessi e delle proprie potenzialità, non coltivano interessi e neppure manifestano passioni. Scelgono “per imitazione” dei pari.

Certamente il passaggio dalla scuola secondaria di primo grado alle superiori è un momento critico: lo scorso anno scolastico la percentuale di bocciature più elevate si è registrata proprio fra gli studenti del primo anno delle superiori (8,1%).

Intorno ai quattordici anni, in un certo senso, “i nodi vengono al pettine” ed emergono difficoltà, fragilità, diseguaglianze contemporaneamente con l’“esplosione” dell’adolescenza. A determinare il successo scolastico contribuisce moltissimo il contesto e la personalità del discente, due aspetti strettamente legati fra loro. Spesso anche l’identità di genere discrimina il percorso di studi e si trasforma in uno svantaggio.

Insomma, lo scenario richiederebbe una maggior cura e attenzione da parte della società e delle istituzioni.


Silvia Rossetti

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