La santa inquietudine del Pastore

Il 13 marzo del 2013 fu eletto Pontefice. Il successivo 19 marzo, nella solennità di san Giuseppe, iniziava il ministero petrino di papa Francesco. Abbiamo provato a ripercorrere i tratti più importanti di questi 10 anni di pontificato.
Roma, 27 marzo 2020: preghiera di Papa Francesco in piazza San Pietro per epidemia coronavirus – foto SIR/Marco Calvarese

Rileggere dieci anni di pontificato è impresa impossibile. È possibile tuttavia, anzi è doveroso, richiamare alcuni passaggi di questa esperienza straordinariamente ricca di gesti e parole. Ho scelto quei temi che, a mio parere, sono e restano i pilastri essenziali della vita ecclesiale.

La gioia del Vangelo

Fin dalle prime battute papa Francesco ha imposto il suo stile inconfondibile e ha usato parole che avevano il timbro della familiarità, come quel sorprendente «buonasera» con cui si presentò alla folla che gremiva piazza San Pietro e al mondo intero che seguiva in diretta il suo primo apparire dalla storica Loggia della Basilica. E fin dall’inizio ha fatto capire che la sua prima preoccupazione era quella di vedere una Chiesa «in uscita». È questo il tema del suo primo documento, quello che traccia la linea programmatica del suo ministero. Si tratta dell’Esortazione Apostolica Evangelii gaudium, pubblicata nel 2014.

In quelle pagine non solo troviamo parole ed espressioni tipiche del Santo Padre ma anche e soprattutto il cuore di Pastore che vuole comunicare speranza e invita tutti ad entrare nel «fiume di gioia» che Dio ha promesso e realizza lungo i secoli (EG 5). Si percepisce il cuore di un padre che desidera comunicare ai figli quello che ha di più caro, e cioè la gioia di credere.

Si tratta di un documento ampio e articolato, il Papa stesso riconosce che «potrà sembrare eccessivo» (EG 18). L’ampiezza rivela sia l’importanza oggettiva della proposta che il desiderio di «indicare vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni» (EG 1). Vi è l’ambizione di tracciare una strada durevole. Per questo invita la comunità ecclesiale a prendere molto sul serio le sue parole: «Ciò che intendo qui esprimere ha un significato programmatico e dalle conseguenze importanti. Spero che tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno» (EG 25).

Vaticano, 22 giugno 2022: l’udienza generale di Papa Francesco in Piazza San Pietro – foto SIR/Marco Calvarese

Prima e al di là di alcuni motivi di novità, il documento insiste sulla necessità di dare vita ad una nuova evangelizzazione: «Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita» (EG 49).

Il tema non è nuovo ma non per questo appare scontato. Anzi. Il Papa stesso riconosce che facciamo molta fatica a passare «da una pastorale di semplice conservazione a una pastorale decisamente missionaria» (EG 15). È la fatica di cambiare radicalmente la prassi pastorale e di ridire in modo nuovo, con una passione nuova e con metodi nuovi, quell’annuncio che da venti secoli ha contribuito a rendere più umana la vita di tutti e di ciascuno. Papa Francesco aggiunge una regola che spesso viene disattesa: «Esorto tutti ad applicare con generosità e coraggio gli orientamenti di questo documento, senza divieti né paure. L’importante è non camminare da soli, contare sempre sui fratelli e specialmente sulla guida dei Vescovi, in un saggio e realistico discernimento pastorale» (n. 33). Non basta individuare la meta se non cerchiamo i mezzi necessari a raggiungere gli obiettivi.

La preoccupazione per la famiglia

La preoccupazione per la famiglia emerge subito. A pochi mesi dalla sua elezione il Papa convoca un Sinodo straordinario per la famiglia. Il tema è chiaro: «Le sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione». Più tardi, la complessità della problematica suggerisce di prevedere un duplice appuntamento (2014 e 2015). Si mette in moto una macchina che coinvolge le Diocesi di tutto il mondo, evidenziando la presenza di sensibilità molto diverse all’interno della comunità ecclesiale. Questa riflessione a più voci troverà il suo sigillo in un documento – Amoris laetitia (2016) – che ha suscitato un vivace dibattito nel mondo ecclesiale. È il testo che ha avuto maggiore risalto.

I mezzi di informazione si sono soffermati molto – in alcuni casi in maniera esclusiva e ossessiva – sulla questione dei divorziati risposati. In realtà questo documento affronta la tematica familiare in tutta la sua ampiezza. Basta dare un rapido sguardo ai titoli dei nove capitoli per comprendere le intenzioni del Papa. D’altra parte, nelle pagine introduttive del testo troviamo questa precisa raccomandazione: «Spero che ognuno, attraverso la lettura (sta parlando dell’Amoris laetitia, ndr) si senta chiamato a prendersi cura con amore della vita delle famiglie» (AL 7). Il documento accende i riflettori sulla famiglia e chiede alla comunità ecclesiale di mettere in campo un’attenta strategia per ridare al matrimonio la sua bellezza e la sua centralità nell’azione pastorale.

È un capitolo assai importante, anzi decisivo. A distanza di 5 anni dalla pubblicazione, ritenendo forse che questo tema non aveva avuto un adeguato approfondimento, il Papa decide di promulgare un Anno speciale per invitare tutti a riprendere e rileggere l’Amoris laetitia. Un caso più unico che raro che mostra, se mai ce ne fosse bisogno, l’attenzione che egli riserva alla comunità domestica.

Vivere insieme da fratelli

Nel 2020, in piena pandemia, papa Francesco pubblica l’enciclica Fratelli tutti che può essere considerata una Lettera all’umanità, un appello a riscoprire le ragioni che invitano tutti gli uomini e tutti i popoli a mettere da parte rivendicazioni e conflitti per costruire sentieri di pace e fraternità. Nel contesto di una guerra che oggi insanguina l’Europa, questo documento appare come un’autentica profezia e un appello a porre le condizioni per una convivenza in cui le ragioni dell’unità prevalgono sulle rivendicazioni di parte.

La vicenda umana è da sempre accompagnata dalla divisione e dai conflitti. E tuttavia la fraternità risplende come un’esigenza insopprimibile dell’essere umano e rappresenta una sfida decisiva per la società del nostro tempo. Una società si misura dalla «coesione sociale», cioè dalla capacità di vivere insieme, accettando e armonizzando le inevitabili differenze che ogni moltitudine porta con sé. Una sfida sempre più importante in una società globalizzata e multietnica. È un capitolo che la Chiesa conosce molto bene, la fede infatti ci inserisce in una storia collettiva, fa di tutti i popoli un solo popolo, senza per questo annullare o attenuare l’identità che ciascuno ha ricevuto dalla sua storia. Se viene a mancare il desiderio di fraternità, la società cade nel vortice di un pericoloso individualismo che rappresenta il virus più nocivo di questa nostra epoca.

Questo tema è particolarmente caro a papa Francesco che nella Evangelii gaudium parla delle «relazioni nuove generate da Gesù Cristo» e spiega: «Oggi, quando le reti e gli strumenti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi, sentiamo la sfida di scoprire e trasmettere la “mistica” di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio» (EG 87).

Prendersi cura

L’impegno per la vita nascente, l’insistenza sull’accoglienza dei migranti, la decisione di cambiare la dottrina sulla pena di morte, la lotta contro la pedofilia, il dialogo ecumenico e interreligioso, i numerosi interventi per la pace, e non solo quelli che riguardano l’Ucraina, l’enciclica Laudato si’ per un’ecologia dal volto umano, i viaggi apostolici in ogni parte del mondo, con particolare attenzione alle periferie, la lotta contro il tradizionalismo. E che dire di tutti quei gesti carichi di significato, come quando nel 2019 si è inginocchiato dinanzi ai leader sud sudanesi implorando loro di cercare la pace. Se volessimo ricordare tutti i temi affrontati in questi anni, anche solo per brevi cenni, avremmo bisogno di pagine e pagine.

Una vita intensa, malgrado gli anni e gli acciacchi crescenti. Un magistero originale che apre e lascia intravedere nuovi orizzonti. Parole in libertà, specie nelle interviste “ad alta quota”, che spesso hanno fatto storcere il naso a tanti commentatori. Francesco vive con passione il suo ministero. Negli ultimi tempi, considerando gli anni e i problemi fisici, più d’uno si è interrogato sulle eventuali dimissioni. Nell’ultimo viaggio, rispondendo a questa domanda il Papa è stato chiaro: «Io credo che il ministero del Papa sia ad vitam. Non vedo la ragione per cui non debba essere così».

Nella Messa che ha dato inizio al suo ministero sulla Cattedra di Pietro (19 marzo 2013) disse che la vocazione di ogni cristiano è quella «custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore».

In queste parole iniziali c’è già, in nuce, tutto il suo pontificato, quello che abbiamo raccontato e quello che ancora il buon Dio vorrà scrivere, a quattro mani, con il Vicario di Cristo.

di don Silvio Longobardi

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