L’arte del judo: Carmine Di Loreto

L’esperienza del judoka nocerino: da Nocera Superiore al tetto d’Europa
Carmine Di Loreto con la tua delle Fiamme Oro

Equilibrio mentale e padronanza della tecnica: sono i due aspetti su cui verte la «via della cedevolezza», ovvero il judo. Un’arte marziale che ha tra i maggiori esponenti italiani un giovane di Nocera Superiore, Carmine Di Loreto.

Alla soglia dei 30 anni, dopo aver inanellato una serie di successi e trofei nazionali e continentali, il judoka delle Fiamme Oro si sta dedicando alla preparazione degli atleti.

Avrebbe potuto continuare sul tappeto per un altro anno, ma a inizio 2023 ha ricevuto una proposta dal settore tecnico che non ha potuto rifiutare: «Quello della preparazione è un aspetto che mi ha sempre affascinato». La sua passione, poi divenuta professione, è nata proprio guardando degli allenamenti.

«Ho iniziato a fare judo – racconta – grazie a mia mamma, che lo ha praticato fin da ragazzina». Carmine ha messo piede per la prima volta in una struttura sportiva quasi in fasce. A tre anni si allenava: «Mamma mi portò a La Piramide di Nocera Superiore per un corso di avviamento allo sport. Quando lei finiva tardi di lavorare, restavo in palestra a guardare gli altri corsi e fui affascinato dal judo».

Una esperienza cresciuta man mano e arrivata a maturazione quando era appena adolescente: «A 14 anni ero già vice campione italiano. Ho iniziato con le prime medaglie che mi hanno portato in nazionale, fino ai risultati continentali. L’ultimo è stato l’argento dello scorso ottobre a Malaga, alla Coppa Europa».

In Italia ci sono circa 120.000 atleti per quasi 3.000 società affiliate alla federazione.

È molto praticato anche nell’Agro: «C’è un buon potenziale. Abbiamo tanti istruttori competenti, ma dovrebbe esserci una maggiore sinergia e interazione tra le società». 

Non c’è un’età gusta per iniziare, «l’importante è che ci sia forza di volontà e caparbietà». Certamente cominciare da piccoli consente una crescita integrale: «A un bambino lo consiglierei perché è uno sport completo, non sviluppa solo una parte del corpo». Con ricadute sul benessere psichico: «L’aspetto mentale è importantissimo. La marzialità, poi, rende il judoka una persona onesta, che rispetta le regole di vita e di comportamento non solo sul tappeto, ma nel quotidiano».

Una disciplina anche femminile, in molte hanno iniziato a praticarlo per imparare le tecniche di autodifesa: «A livello federale ci sono tante iscritte che stanno raggiungendo risultati importanti».

Occorrerebbero però più strutture pubbliche, un vulnus che attanaglia un po’ tutti gli sport cosiddetti minori: «Per dare un margine di miglioramento a tutte le società del territorio bisognerebbe avere qualche palestra a disposizione per manifestazioni e allenamenti». 

Il judoka nocerino non intende demordere, una tenacia che gli arriva dai suoi maestri: «Ringrazio la polizia di Stato e il gruppo delle Fiamme Oro, in particolare la sezione del judo diretta da Pino Maddaloni, con gli allenatori Raffaele e Massimo Parlati». Riconoscenza da tributare anche a chi l’ha avviato verso questi traguardi: Stefano Di Marino e Giovanni Florio.

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