Nei mesi in cui nelle parrocchie saremo impegnati con le attività estive con i minori riflettiamo sulla relazione educativa con loro.
La comunicazione, oggi, è complessa, perché il nostro tempo propone modalità di incontro che spesso generano l’illusione di poter acquisire una piena conoscenza del mondo, di essere al centro di una rete relazionale illimitata, di riuscire a controllare e a dare la direzione a ciò che accade in un territorio senza confini.
Prendersi cura dei legami richiede di riflettere sul significato e sul valore della relazione educativa attraverso la quale focalizzare l’attenzione sui ragazzi nel loro percorso di crescita all’interno del contesto familiare e sociale di appartenenza. La sfida odierna consiste nella capacità di portare avanti una riflessione finalizzata ad una educazione che si pone lo scopo di favorire l’acquisizione della capacità di attesa, di autocontrollo, di riservatezza, in un confronto continuo con la facilità e la velocità della connessione tecnologica.
Uno dei temi importanti nell’individuazione di nuovi canali comunicativi diventa quello dei social media, che rende necessaria l’identificazione di un punto di equilibrio tra la tentazione di demonizzare la tecnologia e quella di accettarla tout court assumendo un atteggiamento di indifferenza e di acriticità.
L’approccio alle nuove tecnologie e ai social, di conseguenza, necessita di valorizzare un pensiero educativo che, a partire dal significato delle regole date per il loro utilizzo, ponga un confine che non si ferma alla sola necessità del controllo; la regola è uno strumento per favorire un servizio allo sviluppo dei bambini e dei ragazzi in quanto favorisce la promozione di una mentalità critica rispetto a quanto i social mettono a disposizione in modo affascinante e convincente.
Il confine lascia spazio ad un dialogo attraverso il quale riconoscere e rinnovare il senso più vero e profondo della relazione con le sue sfaccettature di rispetto, reciprocità, ma anche di potere inteso come capacità di sviluppare potenzialità e competenze. In quest’ottica si delinea come una precisa assunzione di responsabilità personale da parte di colui che lo gestisce ma che, talvolta, può valicare il limite sconfinando nella prepotenza e nella prevaricazione.
L’adulto, pertanto, deve mettersi in gioco in prima persona con la propria capacità di testimonianza di una vita autentica e coerente, fondata sulla fiducia che permette al ragazzo di scoprire la verità della vita e che genera una speranza che è dono e nutrimento per sé stessi e da offrire agli altri. In altri termini si tratta di stare accanto ai bambini e ai ragazzi, di rimanere nel contesto di oggi con lo scopo di incoraggiarli a realizzare i loro progetti di vita. In questo senso le connessioni sono generative di una vita buona fondata su un dialogo con la storia che diventa narrazione per generare storia nuova.
Iscriviti alla nostra newsletter per restare sempre aggiornato.
- L’agenda pastorale diocesana: online il calendario 2024/2025
- Penelope di ieri e di oggi per la Giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne
- Don Alberto Ravagnani: giovani e santità, «la Chiesa sia esempio di comunità»
- Cosa succede subito dopo la morte? Il giudizio particolare
- Ordine francescano secolare: due professioni perpetue a Madonna dei Bagni