La relazione educativa sui social

Per una crescita è necessario coinvolgere una comunità e tutte le sue componenti.

Il digitale è parte integrante e quotidiana per tutte le relazioni personali, sociali ed educative. Anche le relazioni nei social dovrebbero essere interpretate in una grammatica educativa. Nell’attuale contesto è difficile immaginare relazioni che si configurino a prescindere dai social media e su questo anche la relazione educativa non fa eccezione.

Le attuali possibilità offerte dal mondo digitale si configurano ormai come uno dei modi ordinari del prender forma delle relazioni. La portata di questo nuovo modo dello strutturarsi della comunicazione e dell’identità difficilmente può essere sottovalutata. Se non va certo demonizzata, non si può nemmeno negare che i social media siano spesso anche la rete nella quale si consumano condotte abusanti.

Si possono individuare alcuni riferimenti decisivi ed essenziali per riconoscere e interrogare la qualità delle relazioni sia personali che di un ambiente educativo. Ogni relazione educativa è anche un rapporto di ruolo che implica, in forme diverse, un esercizio del potere e dunque della responsabilità. La dimensione del potere/responsabilità è costitutiva di una relazione educativa che è sempre un rapporto di “pari dignità” senza mai però essere “un rapporto alla pari”.

La capacità di confrontarsi con altri circa il proprio operato, sapendo render conto dei propri atti nella disponibilità al confronto, sarà attitudine necessaria per ogni persona impegnata in un servizio educativo. Ogni relazione educativa si inscrive entro alcuni confini.

Non è mai lecito, per esempio, “invadere” lo spazio intimo dell’altro attraverso atteggiamenti che ne violano il corpo, utilizzare i social come strumenti intrusivi, scegliere luoghi per attività educative che non lascino adeguati spazi di movimento o che sono adibite ad abitazioni private.

Non esistono relazioni disincarnate e anche quella educativa è una relazione tra persone che hanno una propria identità sessuale e un proprio orientamento sessuale. Peraltro, nel caso di minori, si tratta di persone che stanno attraversando le fasi più delicate del proprio sviluppo. L’abuso sessuale si configura sempre come un usare il corpo dell’altro per una gratificazione sessualizzata dei propri bisogni. Riteniamo che la capacità di vivere in maniera sufficientemente matura la propria sessualità sia una condizione minimale per poter entrare in una relazione educativa.

La relazione educativa si inscrive in un ambito di relativa riservatezza che però non deve mai precludere la trasparenza. Ciò significa che l’intervento educativo e sacramentale deve presupporre un progetto, essere concordato, condiviso e visibile. In assenza di anche una sola di queste condizioni la relazione è a rischio.

“Per crescere un bambino ci vuole un villaggio”. Questo noto proverbio africano ci ricorda che non si educa mai da soli. Ci vuole una comunità, per educare non bastano neanche i genitori. Per articolare la grammatica della relazione educativa e qualsiasi cammino di prevenzione, che protegge un vero spazio di crescita, è necessario coinvolgere una comunità e tutte le sue componenti nelle motivazioni ispiratrici, negli atteggiamenti fondamentali, nei comportamenti necessari e in alcune regole condivise.

Per le diverse figure educative sono necessarie la disponibilità, la capacità di lavorare in équipe e il supporto di un’esperta supervisione.

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