I rapporti con l’Europa non sono un settore tra tanti dell’attività politica e di governo. Ne costituiscono piuttosto una dimensione essenziale, caratterizzante e decisiva. E il loro andamento è fortemente sintomatico della direzione di marcia che si sta per intraprendere.
Da questo punto di vista le difficoltà che si sono acuite nelle ultime settimane – tra Roma e Bruxelles, tra Roma e le altre capitali “storiche” della Ue – segnalano che si è giunti a un bivio.
Finora l’esecutivo di destra-centro, fondato su una maggioranza di partiti a netta predominanza sovranista, era riuscito a conservare un equilibrio di fondo che gli era stato riconosciuto anche a livello internazionale. Merito soprattutto di Palazzo Chigi, oltre che della componente centrista.
Mentre infatti le mosse più direttamente riconducibili ai profili identitari dell’elettorato si erano dispiegate sul piano interno, in politica estera e nelle decisioni fondamentali di politica economica il governo aveva cercato di praticare una strada di non aperta contraddizione e per certi versi addirittura di sostanziale continuità con il governo precedente, almeno per le scelte immediatamente operative.
Quando nel 2018 si formò un altro governo ad alto tasso di sovranismo, quello giallo-verde, i contraccolpi furono di ben altra portata.
Adesso però l’equilibrio del primo anno risulta molto arduo da conservare. I motivi di conflitto si sono moltiplicati e in alcuni casi inaspriti. Stanno venendo al pettine alcuni nodi che erano stati accantonati e che ora richiedono delle opzioni precise e non indolori.
Ma incide molto anche la competizione interna, tra forze contigue, che attraversa quasi tutti gli Stati europei in vista delle elezioni Ue del prossimo anno. Una dinamica ben presente nel contesto italiano e che non risparmia il versante delle opposizioni, divise tra loro anche su questioni cruciali. Le conseguenze più rilevanti, tuttavia, sono ovviamente nella compagine di governo, con la Lega che estremizza le sue posizioni e le sue alleanze continentali nel tentativo di sottrarre consensi da destra al partito di maggioranza relativa.
Ecco qui il bivio di fronte al quale si trova la premier Meloni: rincorrere la Lega sul suo terreno o tenere la linea seguita, pur con qualche oscillazione, fino a questo momento?
Se in politica interna barcamenarsi tre le due strade forse sarebbe ancora possibile (ma a quale costo, come vediamo in questi giorni?), in Europa i margini di manovra sembrano ormai prossimi a esaurirsi. Tra riforma del patto di stabilità, attuazione del Pnrr e approvazione del Mes, da un lato; tra gestione del fenomeno migratorio, guerra in Ucraina e transizione ecologica, dall’altro, le sfide in campo sono tali da non poter essere affrontate in solitudine e sventolando bandiere ideologiche.
In Europa si pone ora in modo particolarmente esigente il problema delle alleanze politiche e dei partner istituzionali. Da come sarà risolto dipenderà molto del futuro del governo in carica nel nostro Paese.
Stefano De Martis
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