Alcuni libri sono la prosecuzione di un insegnamento che viene da lontano. È il caso di questo recente “Sette vite come i gatti” (Città Nuova, 190 pagine, 16,90 euro) di Letizia Palmisano, giornalista impegnata da tempo nell’informazione riguardante la sostenibilità e il rispetto per l’ecosistema.
Perché leggendolo si ha la sensazione che l’antico cammino di Benedetto e di Francesco, a distanza di sei secoli uno dall’altro, solo per rimanere in ambito cristiano, non abbia avuto unicamente un senso, un profondissimo senso, religioso.
È come se quegli uomini che pur destinati ad una vita agiata scelsero le grotte del sublacense o i giacigli di foglie dell’Umbria avessero voluto anticipare profeticamente tempi difficili per il rapporto uomo-madre natura. E avessero voluto offrirci la possibilità di una nuova visione della vita, non legata unicamente al consumo e al godimento compulsivo.
E non è un caso che “Laudato si’”, la lettera enciclica di un papa che ha scelto il nome del Poverello, prenda il titolo da uno dei versi dal Cantico di san Francesco, in cui si celebrano le nozze mistiche con la grande madre, con un creato che già allora veniva ignorato nella sua bellezza per lasciar posto alla ricerca del potere e della ricchezza smodata.
Basterebbe leggere alcune pagine del libro di Palmisano per capire come le mutate condizioni antropiche non abbiano intaccato minimamente il valore e l’attualità di quegli antichi moniti. Ad esempio, quando si parla di eco-strumenti musicali costruiti con il riciclo, come la Lampion Guitar del musicista Fabio Cardullo, ricavata da un vecchio lampione stradale.
E non a caso il sottotitolo ci parla di “Come ridare valore agli oggetti. Storie di economia circolare”, vale a dire iniziare a pensare agli oggetti non più come fonte di un consumo a volte brevissimo, ma di condivisione e comunione con l’altro. E non solo oggetti, ma costruzioni abitative che possono essere riusate o rimontate per diverse utilità.
Palmisano continua una strada certamente già percorsa da altri, ma qui sembra di respirare una leggera aria di speranza, che invita a guardare alle cose che ci circondano non come ad uno spettacolo di corruzione e fine, ma come uno scorrere circolare, in cui il tempo di ogni cosa è inserito in una continuazione che è insieme utilità e ritorno all’armonia perduta.
Ed è fonte di profonda riflessione leggere di come si può fare per permettere ai libri letti di non finire dimenticati in una condizione di proprietà senza senso, ma di essere messi in comune con altri, passare di mano, e di occhi e spirito, attraverso altri di cui spesso non sappiamo nulla. Come accade alla stessa autrice quando legge in libri, un tempo di altre persone, parole di padri e madri che si complimentano con i figli per i risultati nello studio.
“Ogni volta che sfoglio quei volumi, riservo loro un sacro rispetto” scrive Palmisano facendoci toccare con mano -e sentire profondamente- come l’auspicata seconda, terza possibilità offerta agli oggetti per evitare che siano gettati aumentando in modo esponenziale l’inquinamento del pianeta non sia solo una fredda e seccante operazione di riciclo, ma la possibilità di ritornare all’empatia, alla non paura dell’altro, alla condivisione e all’abbandono dell’acquisto spesso senza alcuna utilità. E nessun senso.
Marco Testi
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