Il cammino di fede è un lungo viaggio, spesso strade pianeggianti si intrecciano con salite e tornanti più faticosi. Il percorso proposto da monsignor Giuseppe Giudice, nella sua Lettera di Natale dal titolo Il Cielo in una grotta, prevede la sosta in quattro grotte, accolti da altrettanti compagni di viaggio che hanno l’obiettivo di accompagnare il lettore a vivere in pienezza la notte in cui Dio si fa Bambino.
A Lourdes, nella grotta in cui Bernadetta stropiccia gli occhi dinanzi all’Immacolata Concezione, il vescovo Giuseppe ci fa incontrare la tenerezza di Dio che, preparando il grembo di Maria, si fa mamma. «Dio si mostra alla piccola Bernadetta nel volto sorridente della Madre, l’Immacolata – scrive – e sceglie la piccolezza di una bambina, di una donna, di una grotta per deporvi la grandezza del suo amore».
Successivamente il testo ci conduce nella grotta di Greccio per incontrare Francesco e il suo tormento interiore: «sono un ostacolo al progetto di Dio?» si domanda il poverello di Assisi. Nella grotta del cuore, è chiamato a passare di nuovo dall’io a Dio, come viene chiesto anche a noi in tante fasi della nostra esistenza.
In quel Natale del 1223 – anno in cui Francesco realizza la prima rappresentazione della Natività nel borgo in provincia di Rieti – egli, spiega il Vescovo, non rappresenta Gesù ma lo ripresenta: «Greccio è presepe ed altare; incarnazione e redenzione; è un eterno oggi nel mistero eucaristico, luogo dove Gesù nasce ogni giorno».
La terza tappa per giungere al Natale è dinanzi alla grotta di Betlemme, nel luogo santo in cui Dio si è fatto carne è impossibile non domandarsi se c’è ancora posto per Dio nella nostra vita, se c’è posto per il Signore nella cultura, nella finanza, nella politica, nelle scuole, nelle famiglie.
Scrive ancora mons. Giudice: «Mi chiedo, attraverso lo sguardo dei piccoli che non sono solo i bimbi, in questo Natale ancora bagnato di sangue: c’è posto per il presepe nella grotta del nostro tempo? C’è posto per la vita nella grotta, sporca e angusta, di questo nostro mondo? C’è posto per il Natale di Gesù?».
Non si arriva a Gesù senza fare posto e spazio prima nel cuore e poi nella vita. Ecco perché l’ultima tappa proposta è la grotta del nostro cuore. Anche noi siamo una grotta, a volte piccola, confusa, piena di cianfrusaglie, sporca, imbrattata. Eppure, ci ricorda il Vescovo, il nostro cuore è il luogo dove, riconciliati con noi stessi e con il mondo, può trovare posto il Signore.
La lettera si conclude con un racconto natalizio sul valore della vicinanza e della condivisione. I due bambini protagonisti, che portano di Prisco, il primo Vescovo della nostra Diocesi, e di Alfonso, il santo fondatore della Congregazione del Santissimo Redentore, ci insegnano che è possibile farsi prossimo dei nostri fratelli e riportare, con la presenza e la condivisione, il sorriso in quelle famiglie che lo hanno smarrito.
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