Santa Maria a Castello è la festa che unisce due comunità: quella di Roccapiemonte e Castel San Giorgio. Come ogni anno, la seconda domenica di maggio, gli abitanti di Casali di Roccapiemonte salgono all’eremo di Santa Maria a Castello nel territorio di Castel San Giorgio.
Un incontro tra due Diocesi: quella di Nocera Inferiore-Sarno e quella di Salerno-Campagna- Acerno. Infatti, Roccapiemonte è territorio diocesano nocerino, Castel San Giorgio ricade in quello salernitano.
I fedeli partono dalla parrocchia Santa Maria delle Grazie portando in processione la Madonna del Rosario. La statua settecentesca, Madonna col Bambino, è in legno e stoppa con vestiti di seta ricamati in oro.
La processione è preceduta dai membri della Confraternita di “Santa Maria del Rosario”. Rappresenta per essi l’evento più atteso e importante dell’anno.
I confratelli, preceduti dal labaro, nella loro veste celeste con medaglione raffigurante la Madonna del Rosario, portano sospesa ad una lunga asta azzurra una vela triangolare di colore rosso su cui sono riportati i segni distintivi della Madonna e la sua raffigurazione.
La vela, in segno di saluto, viene abbassata per tre volte allorquando lungo il percorso si incontra una Chiesa o una Cappella.
La festa plurisecolare è sicuramente una delle celebrazioni più sentite a livello popolare, ed è attesa da tutti i casalesi come giorno di grande tensione spirituale e umana, anche per le modalità con cui si svolge la manifestazione.
Il percorso della processione
La processione, di mattina presto e accompagnata dalla banda musicale, inizia il suo percorso dal piazzale della chiesa Santa Maria delle Grazie in Casali e si snoda lungo un itinerario tradizionale.
Dapprima raggiunge la frazione di San Potito, ancora nel comune di Roccapiemonte, per poi giungere alla frazione Fimiani nel comune di Castel San Giorgio.
Dopo una breve sosta alla chiesa di San Biagio in Lanzara, termina il suo percorso urbano nella località Trivio. Da qui inizia l’ascesa al monte per raggiungere l’Eremo, posto all’interno del Castello situato propria sulla sommità della collina denominata Sant’Apollinare.
Sulla collina
All’arrivo della processione al castello, dopo circa due ore di cammino, nello spazio antistante il Santuario si tiene la Celebrazione Eucaristica.
Al termine della Messa, i fedeli, radunandosi per famiglie nel piazzale del castello o nella radura vicina, allestiscono il banchetto rituale.
Non possono mancare la frittata di maccheroni, preparata a casa la mattina presto, il salame e i formaggi.
C’è anche qualcuno che, allestendo un barbecue di fortuna o portato da casa, dà luogo ad arrosti succulenti.
Un buon bicchiere di vino e la musica della banda creano momenti di particolare aggregazione.
I fuochi pirotecnici
La processione e i momenti più significativi della giornata sono accompagnati da fuochi d’artificio. I botti sottolineano la partenza della Madonna dalla parrocchia Santa Maria delle Grazie; l’arrivo al castello e l’inizio della Santa Messa.
Intorno alle cinque del pomeriggio si recita l’Angelus, i botti hanno la funzione di avvertire il ritorno della processione al paese, di modo che, anche coloro che non si sono recati su al castello, possano partecipare alla festa accodandosi al corteo per festeggiare il rientro in chiesa.
Il ritorno a Casali
Nel ritorno, la processione segue un percorso diverso in modo da toccare tutte e cinque le frazioni che costituiscono la parrocchia di San Biagio, i cui fedeli accorrono numerosi ad esprimere la loro profonda devozione a Maria.
Festeggiare la Madonna del Rosario non vuol dire solamente perpetuare una tradizione che si tramanda da secoli, ma significa ravvivare l’esperienza della fede, rafforzare i vincoli di comunione che legano le comunità attraverso la testimonianza di uno degli attributi di Maria, il Rosario.
L’eremo
L’eremo, dedicato alla Madonna del Castello, è situato ad un’altezza di 285 metri sul livello del mare, proprio sulla sommità della collina denominata Sant’Apollinare, primo baluardo montuoso all’estremità orientale della vasta pianura vesuviana.
È costituito dal castello al cui interno è collocato il Santuario: una piccola chiesetta ad una sola navata in stile tardo barocco. Il maniero, circondato da grandi mura di cinta, presenta numerosi locali al piano terra e al piano superiore, una cisterna ed un grazioso tempietto con annessa sacrestia e campanile. Completa il castello un vasto piazzale da cui si può ammirare un panorama che spazia dalla piana del fiume Sarno alle colline Metelliane, dai monti che sovrastano Nocera alla Valle dell’Irno.
La chiesetta una volta era arricchita da quadri settecenteschi, donati dalla famiglia Calvanese, che rappresentavano lo Sposalizio della Vergine e la Deposizione di Cristo dalla Croce, quadri che purtroppo sono stati trafugati.
L’affresco
L’affresco oggi venerato nel piccolo Santuario è venuto alla luce per caso, dietro ad uno spesso strato di intonaco, durante i lavori di restauro del 1950 ad opera di padre Stefano Macario.
L’affresco, un’opera d’arte trecentesca in stile bizantino, è simile alla Madonna che si trova nella chiesa di Materdomini, da cui differisce per un atteggiamento più gioioso. Posizionata sul trono, la Vergine, circondata da angeli, sostiene sulle gambe il Bambino.
L’esecuzione dell’opera, di cui non si conosce l’autore, è possibile che sia stata fatta eseguire dall’abate Giovanni, fondatore dell’Eremo, dallo stesso artista che dipinse la volta del tempio abbaziale di Materdomini.
La creazione della chiesetta in onore della Madonna all’interno del castello, dunque, non volle essere altro che un “prolungamento” del culto alla Mater Domini. L’abate Giovanni, con la fondazione dell’eremo, intese creare un luogo di riposo, di ritiro spirituale e di preghiera per i monaci della Badia di Cava de’ Tirreni.
La storia dell’eremo
La storia delle origini ci porta VIII secolo, quando Arechi II, principe longobardo di Benevento, decise di edificare una fortezza sulle rovine dell’antico accampamento romano “Castrum Augusti”. La fortezza si aggiunse a quella lunga catena di castelli che da Castellammare, Lettere, Gragnano, Angri, Sarno, Fossalupara (l’attuale Santa Maria a Castello), Castel San Giorgio, Mercato San Severino, Montoro, Solofra, fino al Sannio assicuravano un perfetto controllo di tutto il Principato Longobardo di Benevento.
Tutti questi castelli, infatti, erano posti in modo tale che ognuno era visibile dall’altro e quindi, attraverso segnalazioni luminose di notte e fumogene di giorno, erano in grado di poter comunicare tra di loro.
Con la caduta dell’ultimo principe longobardo, Gisulfo II, ad opera del normanno Roberto il Guiscardo, l’antico Castello di Fossalupara perse la sua funzione militare e fu donato con tutte le sue pertinenze alla Badia Benedettina di Cava de’ Tirreni come compenso dell’aiuto offerto durante la lunga lotta contro l’ultimo principe longobardo.
Dopo circa un secolo di parziale abbandono, ridotto al solo romitaggio, il Castello fu affidato alla cura dei Padri Bianchi Benedettini della vicina Materdomini e, verso la fine del 1200, fu l’abate Giovanni a fondare l’Eremo di Santa Maria a Castello.
L’Eremo passò nell’anno 1575 alla cura dei Francescani Conventuali che risiedevano in quel tempo nel convento di Sant’Antonio di Padova in Nocera Inferiore.
Dopo la parentesi napoleonica e le “Leggi di eversione della feudalità”, l’Eremo tornò di nuovo alle dipendenze della Badia di Cava de’ Tirreni e per competenza alla parrocchia di San Giovanni Battista di Roccapiemonte che dipendeva da tale Badia.
Solo nel 1856, in seguito ad concistoro tenuto in uno dei saloni di rappresentanza del signorile palazzo Lanzara in Lanzara, con la partecipazione dell’arcivescovo di Salerno, mons. Marino Paglia, dell’abate ordinario della Badia di Cava de’ Tirreni, don Onofrio Granata, e di numerose altre autorità ecclesiastiche, fu stabilito che la parrocchia di Roccapiemonte cedesse alla parrocchia di San Biagio di Lanzara l’Eremo di Santa Maria a Castello, che tutt’ora ne cura la manutenzione e lo svolgimento del culto.
Luigi Torino
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