In Gran Bretagna, Usa e Australia aumenta in maniera esponenziale il numero di adolescenti vittime di ricatti sessuali (sextortion), si sono verificati anche casi di suicidio.
Dietro ai ricatti sessuali spesso ci sono vere e proprie organizzazioni criminali: hacker informatici si impossessano di immagini intime, spesso manipolandole con l’IA, e minacciano di diffonderle ai contatti delle vittime, in cambio delle foto chiedono denaro, criptovalute o giftcard.
Anche in Italia pare che il fenomeno sia in espansione. Ne parliamo con Federico Tonioni, psichiatra e psicoterapeuta, nonché ricercatore dell’Istituto di Psichiatria e Psicologia nella Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Che cosa rende giovani e giovanissimi così esposti al fenomeno della sextortion?
«I fattori sono molteplici. I giovani di oggi sono più evoluti rispetto alle generazioni precedenti da un punto di vista cognitivo, ma non egualmente maturi nella sfera affettiva. Le nuove tecnologie e Internet hanno promosso una velocizzazione dei processi cognitivi, favorendo nei ragazzi un processo di autonomia del pensiero anche su temi come la sessualità. Le relazioni a questa età sono spesso digitali, avvengono sui social e passano attraverso le immagini. Gli istinti, gli impulsi e le fantasie online non hanno la mediazione del corpo. Occorre poi dire che i ragazzi separano la sessualità dall’affettività in maniera più netta, forse persino scissa a volte, rispetto alle generazioni precedenti. Questi fattori li espongono a rischi. La sextortion è una deriva in cui i ragazzi si confrontano con l’esperienza della vergogna, che è un breakdown fortissimo e che può avere conseguenze tragiche».
Un certo tipo di musica giovanile racconta storie di sextortion esprimendo a chi esercita questo abuso una discutibile ammirazione. Perché in questi casi non scatta la solidarietà fra gli adolescenti?
«Esempi di solidarietà negata li riscontriamo anche nel fenomeno del bullismo, quando di fronte a una scena di sopraffazione e abuso il “branco”, invece di intervenire, si mette magari a filmare con lo smartphone. Nell’adolescenza si sperimenta una solitudine interiore profonda, per questo motivo i ragazzi tendono a fare gruppo e a coalizzarsi con gli altri. È un periodo di grande affettività, ma anche di forte aggressività. Da questo tipo di dinamica possiamo aspettarci manifestazioni di solidarietà, ma anche l’esatto contrario».
Meta e altre piattaforme stanno disponendo misure di prevenzione e contrasto alla sextortion da applicare a social come Instagram, Facebook, Snapchat…
«Proporre dei limiti può essere sicuramente efficace. Quando c’è un limite l’adolescente tende a trasgredirlo, ma quando non c’è si passa dalla trasgressione alla distruttività. Gli adolescenti hanno bisogno di “limiti”, ma questi ultimi non devono essere finalizzati alla cieca obbedienza. Qualsiasi misura di contenimento va posta – non imposta – sotto forma di trattativa, che presuppone il dialogo e favorisce la crescita e la maturazione».
Pensa che le nuove tecnologie stiano modificando la sessualità dei nostri adolescenti?
«Ci troviamo di fronte a una trasformazione, più che una modificazione. Non parliamo di ragazzini che stanno diventando dei piccoli mostri. Al di là dei comportamenti apparentemente più liberi rispetto all’identità sessuale, i ragazzi di oggi danno molta importanza alla frase “Ti amo”. La pronunciano con estrema parsimonia, quasi con paura ed esprimendo un grande bisogno di tenerezza».
Quali sono le responsabilità delle famiglie e della scuola in questa situazione?
«L’evoluzione digitale è un processo che non siamo in grado di contrastare. Sicuramente, però, famiglia e scuola possono proteggere i nostri ragazzi da quelle insidie che essa reca con sé. Occorre alimentare l’“autostima” fin dall’infanzia. Essa non nasce dalle performance scolastiche o sportive, o dalla perfetta corrispondenza con le aspettative genitoriali. L’autostima nasce quando un bambino viene accolto e amato anche nei suoi fallimenti. Un bambino che delude le aspettative, che dice una bugia, che fa delle piccole trasgressioni esprime la sua identità e libera la propria rabbia. Il posto peggiore dove tenere la rabbia è dentro di noi. Mai dare ordini a un bambino per “vincere” su di lui. Mai dire a un bambino “potevi fare di più”. L’autostima è la spina dorsale dei bambini e degli adolescenti, permette loro di fare esperienza “in sicurezza”».
Silvia Rossetti/Sir
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