Nessuna storia si ripete, è vero. Ma la storia può insegnare molto, e con lei le Scritture, e Agostino di Ippona, e Paolo di Tarso, e altro ancora. Compreso l’amore. È questo il messaggio profondo di “L’amore non lo vede nessuno” (Rizzoli, 240 pagine, 19 euro) di Giovanni Grasso, consigliere del presidente della Repubblica per la stampa e la comunicazione.
Una citazione agostiniana, tra le tante presenti nel romanzo, storia di due sorelle, una delle quali, Federica, la più disinvolta, seduttiva, apparentemente più libera muore in un incidente automobilistico e l’altra, Silvia, sposata e, al contrario di Federica, dedita ad un tranquillo ménage familiare senza scosse e profondità, almeno in apparenza, che la piange ma che nel contempo, nel proseguire della storia, rivela anche altro del suo rapporto familiare.
Una famiglia, il padre delle due sorelle è vedovo, in cui l’assenza diviene macchina narrativa: il funerale di Federica, infatti, è attraversato, tra le tante, dall’apparizione di un uomo sconosciuto, affascinante, ma che emana “qualcosa di solenne, di ieratico”, visibilmente turbato dalla morte della donna. Appare inoltre un necrologio senza firma ispirato al Cantico dei Cantici: “Chi è costei che sorge come l’aurora, bella come la luna, fulgida come il sole, / terribile come schiere a vessilli spiegati?”, che pone inquietanti interrogativi sulla vita, gli amori di Federica e l’identità di quel personaggio che sembra nascondere una storia di cui nessuno è a conoscenza.
Silvia riesce a mettersi in contatto con l’uomo e a iniziare con lui una sorta di sottile gioco con regole precise che servono soprattutto a celare l’identità di chi, come Silvia sospettava, era amato dalla sorella: forse l’unico, ma in modi, rivelerà egli stesso, apparentemente -e violentemente- contraddittori.
Anche perché Paolo, questo il nome del misterioso personaggio, è impegnato in una storia che il lettore scoprirà lentamente nelle pieghe di un racconto che dice molto di più che una tribolata questione d’amore. Ci dice ad esempio le contraddizioni vedute e giudicate dall’esterno nascondono abissi anche spirituali che a volte aiutano nelle scelte essenziali della vita, e che sarebbe bene non giudicare da lontano se non se ne conoscono i motivi profondi e le origini.
Che Agostino, il quale sapeva bene la fascinazione dell’amore e della passione, e Paolo non sono due santini imbalsamati dal culto e dalla lettura consuetudinaria e sonnacchiosa, ma sono stati due persone vere che con la loro storia dimostrano come gli abissi del peccato possano essere affrontati nonostante la tentazione della disperazione e della rinuncia.
E che gli ostacoli che la vita ci pone davanti, il nostro sguardo sulla fame e la violenza non devono rappresentare macigni che ci immobilizzano e ci portano alla rinuncia dei sogni, non solo quelli di coppia, ma una sfida a rimetterci in piedi ed affrontarli, quei mondi, siano essi i nostri fantasmi interiori o le sofferenze indicibili di chi non ha neanche acqua potabile con cui dissetare i figli.
Un romanzo, “L’amore non lo vede nessuno”, che ci dice molto sulla nostra realtà psichica, affettiva e planetaria. In uno scenario mediatico dove l’apparenza sembra voler celare, in una sorta di rimozione globale, le sofferenze degli altri, oltre che le proprie.
Marco Testi
Iscriviti alla nostra newsletter per restare sempre aggiornato.
- Don Alberto Ravagnani: giovani e santità, «la Chiesa sia esempio di comunità»
- Cosa succede subito dopo la morte? Il giudizio particolare
- Ordine francescano secolare: due professioni perpetue a Madonna dei Bagni
- Povertà educativa e povertà ereditata: le emergenze del Dossier 2024
- Un pomeriggio di gioia e creatività in parrocchia