Quattro anni di Endoscopia operativa gastro-intestinale a Sarno. Parla il responsabile Sergio Di Fenza

L’auspicio: «Un grande passo avanti sarebbe acquisire nuovi mezzi tecnologici che ci permettano di trattare tout court le patologie del tratto gastrointestinale»
Ospedale Martiri di Villa Malta

Compie quattro anni il Gruppo Operativo Interdisciplinare (G.O.I.) di Endoscopia operativa del tratto gastro-intestinale del “Martiri di Villa Malta” di Sarno. Una divisione che ha un volto e un nome: Sergio Di Fenza. La struttura cammina sulle sue gambe.

Svolge attività ambulatoriale, in elezione ed urgenza. Un servizio che ha spento la sua quarta candelina lo scorso primo giugno. Tratta dal “semplice” reflusso, alle malattie croniche come il Morbo di Crohn e la rettocolite, fino alle neoplasie del tratto gastrico, del colon-retto e delle vie biliari.

I record raggiunti in quattro anni portano la firma del gastroenterologo. Migliaia di esami ogni anno. Nel solo 2023 sono stati effettuati 500 screening oncologici, come Sergio Di Fenza ci spiegò in una intervista qualche mese fa. Dati che sono nuovamente all’orizzonte in appena un semestre 2024.

Dottore Di Fenza, quattro anni di GOI a Sarno. Com’era e come si è trasformato il suo lavoro?

«Abbiamo costruito tanto in questi anni. Quando sono arrivato nel 2020, il servizio di Endoscopia di Sarno era dedicato principalmente alla gestione dei pazienti interni. Ho voluto fortemente ampliare l’offerta assistenziale all’utenza esterna perché credo si dovesse rispondere ad una necessità del territorio. Le malattie gastrointestinali sono tra le prime cause di accesso in ambiente sanitario, spesso con carattere di urgenza. Trattare in modo ottimale una patologia acuta, per esempio un sanguinamento gastrico, richiede capacità tecnica ma anche tempestività di azione: una minore distanza da percorrere per accedere alle cure in molte circostanze è salvavita».

Numeri importanti quelli del suo reparto, ma cosa serve per la svolta definitiva?
Sergio Di Fenza

«La medicina attuale, di qualsiasi ambito, ha necessità sostanzialmente di strumentazione al passo con le linee guida più aggiornate. Noi medici tutti dobbiamo rispondere a evidenze scientifiche mondiali ed essere sempre aggiornati per fornire l’assistenza migliore, non in base al nostro giudizio personale o alla sola nostra esperienza ma in base a ciò che emerge dall’esperienza globale del settore: questo va tutto a vantaggio del paziente. Un grande passo avanti sarebbe acquisire nuovi mezzi tecnologici che ci permettano di trattare tout court le patologie del tratto gastrointestinale, come l’enteroscopio (strumento che consente di esplorare il piccolo intestino e trattare patologie ivi riscontrate, ndr) e l’ecoendoscopio (strumento che consente di effettuare ecografie “interne”, ndr) utile in particolare per esplorare il pancreas, organo “nascosto” del nostro corpo».

Un reparto strutturato con una divisone ad hoc potrebbe essere l’optimum, ma i piani non sembrano prevederlo. Cosa si può fare in alternativa?

«Theodor Roosevelt diceva: “Fai quello che puoi, dove puoi, con quello che hai”. Il mio obiettivo è fare il bene dei pazienti, con i mezzi che mi sono stati messi a disposizione. Non credo sia utile fantasticare su cosa poteva essere, ma rimboccarsi le maniche per ottenere il massimo da ciò che concretamente si ha. La collaborazione da sempre proficua con gli altri miei colleghi del presidio ospedaliero di Sarno ci consente di allargare il margine delle possibilità di assistenza: già accade di routine con i pazienti da sottoporre a procedure più complesse come per l’esecuzione della colangiopancreatografia retrograda endoscopica (ERCP), che richiede per prassi ricovero ospedaliero».

Cosa si sente di dire ai pazienti, che ormai la seguono sempre di più?

«Nell’ambito della così detta “Medicina narrativa”, medico e paziente insieme costruiscono un’alleanza basata sul racconto, al fine di costruire un percorso di cura che sia personalizzato, adatto ad ogni persona. La malattia viene vissuta quasi come una “frammentazione biografica” nella trama dell’esistenza del paziente. Quello che tento di fare perciò è ascoltare le loro storie, essere accogliente, mettendomi a loro totale disposizione».

Cosa si augura per il GOI e il suo gruppo di “eroi” che vi lavorano?

«Il successo del mio servizio è un successo di team. È grazie all’impegno costante di tutti che siamo giunti ai risultati ottenuti, che io interpreto non tanto in base ai numeri delle prestazioni ma a quanta “salute” abbiamo restituito alla popolazione, un parametro che non è forse calcolabile in termini tecnici ma lo è in termini umani. Mi auguro e auguro a tutti quelli del mio staff di non perdere mai la passione per ciò che facciamo, che è il vero motore della forza che ci spinge a crescere».

Un operato che dà lustro al servizio sanitario nazionale, alla sanità pubblica.

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