Nel secondo dopoguerra, negli USA, nasce la doggy bag così chiamata per l’immagine di un cane che accompagnava lo slogan: «Se hai mangiato il possibile e non ce la fai più, per favore porta a me ciò che hai lasciato!». Una trovata per recuperare gli avanzi che in periodo di crisi erano stati indispensabili a sfamare tantissime famiglie.
Oggi l’utilizzo della doggy bag torna utile sia per contrastare lo spreco di risorse, sempre più limitate, sia per prevenire la produzione di rifiuti che determina consumi di energia per il trasporto e lo smaltimento.
L’Italia, forse ispirata da altri Paesi Europei, sta vagliando una proposta di legge che, se dovesse andare a buon fine, obbligherebbe i ristoratori a fornirsi di contenitori riciclabili o riutilizzabili da offrire ai clienti. Da un’indagine presentata da Fipe Confcommercio e dal Consorzio COMIECO, nonostante il 91% circa delle strutture risulti attrezzata, solo il 15,5% degli italiani porta a casa il cibo non consumato durante un pranzo o una cena al ristorante. La causa principale sembrerebbe essere l’imbarazzo. Un aspetto che non mi appartiene, in quanto anche in occasione di appuntamenti “romantici” ho chiesto portare via la mancata consumazione.
Alle amiche che mi dicono che per queste mie abitudini green rimarrò single, rispondo: non voglio essere affiancata da una persona che non mi aiuti a salvare il mondo! Infatti, sebbene questi gesti possano risultare strani o malvisti, è indispensabile rompere i cliché e far comprendere il grande valore che c’è nel compiere un’azione a favore dell’ambiente e della vita sul pianeta.
Agire green!
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