La lussuria: l’altro è un oggetto

Continua l’approfondimento sul vizio della lussuria la cui terapia è complessa. Occorrono vigilanza e un grande lavoro interiore insieme alla capacità di riconoscere le proprie pulsioni per rielaborarle.

Sul numero di aprile abbiamo cominciato a parlare del vizio della lussuria. Dal latino “luxuria”, non si riferisce al lusso ma più in generale all’esagerazione e all’eccesso e, in particolare, agli atti e ai comportamenti attinenti alla sessualità. Chi cade in questo vizio è solo, perché incapace di incontrare l’altro in una relazione d’amore. La lussuria infatti non è solo un peccato del corpo ma colpisce anche il cuore. 

Alla base vi è una menzogna portatrice di morte verso sé stessi e verso gli altri. È la fiducia verso gli altri che viene uccisa. Infatti una sessualità promiscua porta alla fuga dei sentimenti, allontanando sempre di più il lussurioso dall’altro. «L’amore autentico tra due persone è espresso e rafforzato dall’atto sessuale – spiega lo psicologo Solomon Schimmel –. Ma la lussuria, che guarda l’altro come oggetto piuttosto che come persona, non trova più nessun uso per quell’oggetto una volta che la gratificazione è stata ottenuta».

Dante menziona i lussuriosi nel quinto canto dell’Inferno, dove sono condannati a vivere al buio e sballottati dal vento, poiché in vita sono stati accecati dalle passioni e travolti dai capricci dei vizi.

Nell’uomo l’organo sessuale per eccellenza è il cervello, il suo universo culturale, ed è lì che bisogna agire per arginare gli effetti della lussuria. Essa deborda dai sensi e dalla natura corporea, poiché non è solo spontaneità erotica. La conversione della lussuria passerà, allora, per l’intelletto. Bisogna convertire i criteri della vita, delle relazioni, degli affetti e degli interessi. Le riflessioni fatte fino ad oggi ci portano ad insistere sulla necessità di un’educazione morale, affettiva e spirituale alla sessualità, da vivere all’interno di un contesto stabile come la famiglia. Ciò è avvalorato dai problemi visibili qualora venisse a mancare questa stabilità affettiva nei primi anni di vita del bambino.

La terapia della lussuria è particolarmente difficile. La persona è costituita sessuata e deve valorizzare sé stessa realizzando la propria vocazione nel proprio stato di vita.

Enzo Bianchi, nel libro Una lotta per la vita. Conoscere e combattere i vizi capitali, scrive: «Il desiderio sessuale è santo, è un invito a un cammino verso la comunione tra uomo e donna; e il piacere che è connesso al suo soddisfacimento è santo, ma può deformarsi in relazioni ripiegate su sé stesse e in eccessi segnati da una terribile aggressività».

Occorrono vigilanza, lavoro interiore, capacità di riconoscere le pulsioni e di rielaborarle. «La castità come terapia della lussuria è nient’altro che una continua purificazione del cuore mediante il fuoco dell’agape» ricorda Alberto Piovano nel saggio Lussuria. In aiuto alla castità vengono la temperanza e la pudicizia.

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