Autonomia differenziata: il Paese non crescerà se non insieme

La riforma Calderoli è irta di incognite. L’autonomia differenziata rischia di spaccare in due, tre, quattro, venti parti l’Italia.
Palazzo Montecitorio Parlamento – foto SIR/Marco Calvarese

Le foto parlano. Questa ci mostra una parte che gioisce. Gli altri sono silenti, attoniti, in attesa di dire la propria. Forse al Referendum abrogativo che si apprestano a chiedere cinque Regioni, tra cui la Campania.

Non è codardia o mancanza di intraprendenza. Nemmeno sentirsi figli minori abituati a piangersi addosso, dipendenti dalle paghette di Stato. Oppure parassiti che sopravvivono alle spalle di chi sa laurà.

L’autonomia differenziata voluta dalla Lega e sostenuta strenuamente da Fratelli d’Italia, con Forza Italia e centristi, rischia di spaccare in due, tre, quattro, venti parti l’Italia.

Foto pubblicata in un post di uno dei partiti di maggioranza

Da un lato il Nord, che negli anni ha saputo ottimizzare i propri talenti, creando talvolta il mito dell’ineccepibilità di servizi e amministrazioni.

Dall’altro il Sud, anzi, Centro, Sud e Isole, che avrebbero la colpa di non aver mai fatto sul serio, godendosi “sole, mare e mandolini”. La vecchia storia della cicala e della formica.

Una fotografia riduttiva, distorta, parziale. L’operoso Nord non sarebbe stato tale se i meridionali emigrati a partire dagli anni Sessanta non avessero dato il proprio contributo. Senza scomodare Questione meridionale e gestione post-unitaria, certamente qualcosa non è andato per il verso giusto dal 1861 in poi. C’è stato uno sviluppo a corrente alternata.

La legge numero 86 del 26 giugno 2024, cosiddetta riforma Calderoli, è irta di incognite.

In questi giorni Veneto e Piemonte si affrettano a chiederne l’applicazione, almeno per quelle materie che non richiedono il finanziamento dei Lep. Ma è qui il problema: le risorse da reperire per assicurare a tutti gli italiani uguali Livelli essenziali delle prestazioni. Lo scrissi anche a febbraio del 2023, quando l’iter legislativo prese il via in Parlamento. È passato un anno.

La legge è stata promulgata. Ma i soldi per evitare che il Nord sia sempre più Nord e il Sud diventi sempre più Sud, Meloni and friends non spiegano bene come e dove reperirli.

Quando la Chiesa italiana ha provato ad esprimere una posizione sulle riforme, la risposta da Palazzo Chigi è stata puntuta. I vescovi italiani avevano solo ribadito che «il Paese non crescerà se non insieme». Secondo il governo ci dovremmo fidare e andare avanti. Raccogliere la sfida e dimostrare le nostre capacità. Certo. Non ci tireremo indietro. Ma al momento posso dubitare di chi fino a ieri ci ha chiamato in pubblico terun (e forse lo pensa ancora)?

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